Parte III / La partita che finì nel mirino dell’inchiesta di Arpinati e della Figc dopo l’esplosione dello scandalo che costò al Toro lo scudetto

Dopo aver presentato – nelle due precedenti puntate, di cui in calce trovate il link corrispondente – i principali protagonisti del presunto caso di corruzione che portò alla revoca dello scudetto del 1927 al Torino, è il momento di addentrarci maggiormente nella vicenda. Lo facciamo partendo proprio dalla partita dello scandalo: Torino-Juventus del 5 giugno 1927. All’epoca il campionato era molto diverso da quello attuale: le venti squadre della Divisione Nazionale (corrispondente all’attuale serie A) erano divise in due gironi da dieci, le prime tre di ogni raggruppamento si qualificavano ad un girone finale, con partite di andata e ritorno, al termine del quale sarebbe uscita la squadra campione d’Italia. Alla vigilia del derby di ritorno, previsto alla 7ª giornata del girone finale, la classifica era: Torino 10, Juventus 7, Bologna 7, Genoa 5, Milan 4, Inter 3. La stracittadina era quindi una gara fondamentale per le ambizioni di entrambe le squadre di conquistare il tricolore. I granata vinsero 2-1 in rimonta, nel frattempo il Bologna si impose per 1-0 in casa contro il Genoa. Per i granata si trattò di una vittoria fondamentale, non a caso il giorno dopo La Stampa titolò: “Il Torino verso la conquista del campionato minacciato unicamente dal Bologna”.

Lo scudetto del 1927: il derby dello scandalo

Secondo quanto venne appurato successivamente da Arpinati, il dirigente del Torino Nani, attraverso l’intermediario Gaudioso, avrebbe corrotto il difensore della Juventus Allemandi. Sui giornali dell’epoca ci si aspetterebbe quindi di leggere di una prestazione sottotono da parte del terzino bianconero, invece i cronisti raccontarono che le cose andarono nel senso opposto: Allemandi è, infatti, tra i giocatori della Juventus che più si è messo in luce. “I primi dieci minuti di giuoco furono a vantaggio dei granata. Poggiando quasi esclusivamente sulla sinistra, il Torino giungeva sovente fino all’area di rigore juventina. Qui esso urtava nel muro costituito dalla difesa di Rosetta e di Allemandi. Il secondo dei quali particolarmente mostrava di saper superare la difficoltà frapposta dal vento al calciare al volo”.

Con queste esatte parole su La Stampa del 6 giugno (in copertina la foto) veniva raccontata la partita di Allemandi e, se ci fossero dei dubbi riguardo alla capacità del giornalista in questione nel giudicare le prestazioni dei calciatori basta citarne il nome per scioglierli: Vittorio Pozzo, il futuro ct della Nazionale campione del Mondo nel 1934 e nel 1938.

Su La Gazzetta dello Sport venne invece scritto: “Dall’altra parte i torinesi lavorano a maglie fitte ma Allemandi è imbattibile. Interviene in tempo e rinvia con un piede che è sicuro e potente. Qualche disordine notiamo invece nel lavoro di Rosetta”. Perché Allemandi, se davvero pochi giorni prima aveva deciso di vendersi la partita, sapendo per altro che facilitando la corsa allo scudetto del Torino avrebbe intascato altre 10.000 lire (una cifra notevole all’epoca), quella domenica giocò una buona prestazione? Cercando manforte anche negli articoli di giornale, Allemandi provò invano a difendersi dalle accuse di Gaudioso e Arpinati.

Lo scudetto del 1927: Toro-Juve e le indagini

Qualcosa di strano intorno a quel derby in realtà accadde: quando le indagini da parte di Arpinati iniziarono, Gaudioso, interrogato proprio dal presidente della FIGC, in una delle tante versioni che cambiò sulla vicenda, tirò in ballo altri due calciatori della Juventus, affermando di aver distribuito a loro le 25.000 lire di Nani. I due giocatori bianconeri erano Federico Munerati e Pietro Pastore. Quest’ultimo, sul 2-1 ad una decina di minuti dalla fine, venne espulso, il primo invece nei giorni precedenti alla partita, come raccontò Allemandi durante il suo interrogatorio, aveva ricevuto in dono dal presidente del Torino, Enrico Marone Cinzano, una cassa di vini e liquori.

Questo episodio potrebbe rappresentare, nel 2017, una chiara prova di corruzione, ma novant’anni fa – quando il mondo del calcio era totalmente diverso da quello dei giorni nostri e vicende come quella appena raccontata non rappresentavano un’eccezione – questo “regalo” non venne considerato rilevante nel corso degli accertamenti per la vittoria dello scudetto granata. Era prassi anche da parte di dirigenti scommettere, ad esempio, pranzi o cene: per quel derby era accaduto che scommettessero una cena i due presidenti, Enrico Marone Cinzano ed Edoardo Agnelli: garante di quel patto fu addirittura il principe Umberto di Savoia. Tra i giocatori della Juventus che vennero interrogati ci fu anche Virginio Rosetta, protagonista in negativo del gol del momentaneo 1-1 granata: la potente punizione di Balacics si infilò infatti in rete dopo essere passata tra le gambe del difensore bianconero.

Parte I – L’inchiesta / Torino, lo scudetto revocato del 1927: cosa è ufficialmente accaduto

Parte II – L’inchiesta / Scudetto del ’27, dal fascista Arpinati al bianconero Allemandi: i protagonisti