Intervistato da Faro de Vigo, Falque ha parlato della sua esperienza granata, delle scelte sbagliate in passato e del futuro
Passato, presente e futuro: Iago Falque si è raccontato a Faro de Vigo, periodico spagnolo che ha intervistato l’attaccante granata, reduce dalla prima stagione al Torino. “Senza dubbio è la mia estate più tranquilla. La sto sfruttando molto, mi diverto. Quando la testa pensa alle squadre, alle chiamate, sei più teso e preoccupato. La verità è che sto molto bene. Una buona stagione è finita, con numeri abbastanza importanti, che mi hanno tranquillizzato e mi hanno fatto capire che sono importante per il Torino per la prossima stagione”. Nessuna ossessione da big per Falque: “Il Toro è una squadra molto riconosciuta in Italia, con la sua storia, e con la Tragedia di Superga. Sto molto bene lì. Ho trovato il mio habitat naturale, il mio miglior livello e non penso ad un top club. Se la chance arriverà, lo si valuterà in quel momento. La possibilità di giocare in una grande non mi ossessiona come un tempo. Quello che oggi mi ossessione è giocare, essere contento e vedere la mia famiglia stare bene come succede a Torino. Ho 27 anni e ho già vissuto esperienze positive come giocare la Champions.“
Sul passato e su alcune scelte fatte: “Sono andato al Barcellona a dieci anni. Ho lasciato famiglia e amici. Mi sono perso tutti i compleanni. Ti perdi mille cose…ho avuto la fortuna che questi sacrifici sono valsi la pena perché posso godermi tante cose e aiutare la mia famiglia in quello di cui necessita. Molti miei vecchi compagni sono stati meno fortunati. Poi hanno studiato e hanno avuto altre vite, sicuramente altrettanto buone se non migliori. Però il sogno di tutti era provare a fare questo mestiere e goderselo, con i suoi pro e i suoi contro. Per me non tutto è stato facile. Ci sono stati momenti duri, ma quando mi volto e guardo indietro, credo ne sia valsa la pena”.
Poi sulle altre esperienze prima del Toro: “Barcellona e Juve non le considero come squadre in cui ho giocato, ma come una tappa formativa. Sono andato al Barça quando avevo 10 anni, e a anche alla Juventus ero giovane e giocavo nella Primavera. Io parto dal Villareal: è stata la mia prima squadra professionista, quando la cosa cominciò ad essere differente. Ci sono giocatori che spendono venti anni nella stessa squadra e altri che passano vent’anni a cambiare squadra. Molto sta nel carattere, e certo io non ho avuto pazienza in alcuni posti. Quando mi andava male, cercavo di andare subito più veloce perché volevo stare bene. Quando stavo bene ho avuto la fortuna che squadre come la Roma mi abbiano comprato. Nel bene o nel male, non sono riuscito a trovare la stabilità. E per fortuna la sto trovando adesso. Non ho dato tutto quando ero alla Roma, dove ho iniziato bene. Ho avuto un infortunio importante, che mi ha abbastanza fermato. Quella è un’occasione che considero persa. Era un club importante nel quale ho avuto possibilità. Ho giovato molto nonostante gli infortuni. Barcellona e Juventus sono stati periodi di crescita. Andare a Tottenham è stata la mia decisione sbagliata della carriera, non mi ha aiutato affatto”:
Sul campionato italiano: “Quello in cui mi hanno valorizzato di più. Certamente nel Genoa e nel Torino ho fatto due stagioni importanti, con 13 e 12 gol. Per un esterno, sono numeri buoni. E sono stato anche alla Roma. In Spagna ho fatto bene nel Rayo. Ero più giovane, fu una stagione con tre gol e sei assist. Altri numeri. E’ logico che in Italia sono stato più valorizzato perché ho fatto meglio che in Spagna. La differenza è che in Italia le squadre non si scompongono mai. Anche se perdono 2-0, continuano a mantenere l’equilibrio difensivo. Non vedi mai il terzino galoppare in attacco. Però il calcio italiano ha cambiato molto e non è più difensivo come un tempo. La Liga ha più intensità, la Serie A più tattica, la Premier League più forza. Ma non saprei dire perché alcuni giocatori segnano più in un paese piuttosto che in un altro”. Poi sul compagno di squadra Ljajic: “Ha un grandissimo talento. E’ un giocatore diverso dagli altri. Se sta bene, in Serie A ce ne sono pochi come lui. Sembra che al Torino, un po’ come me, ha trovato la sua dimensione. E’ un piacere giocare con elementi di questa qualità”.