Per la prima volta da quando i bianconeri giocano a Venaria, il Torino non si presenta con la paura di perdere: la grinta di Mihajliovic contagia la squadra, e apre al futuro
È un Torino che inorgoglisce. E che lascia poco da (ri)dire. Certo, la rabbia e la frustrazione per aver subito un gol evitabile, soprattutto se a pochissimi secondi dalla fine della partita, sono legittime, ma passano in secondo piano se si analizzano tutti i 94′ di una gara che la squadra granata gioca in un modo particolare: da Toro. Particolare, sì, perché da tutto un anno Mihajlovic lavora per fare in modo di presentare al suo pubblico questo Torino, che diventa Toro. E riuscirci nel derby, nella settimana di Superga, ma soprattutto allo Juventus Stadium ha un sapore particolare. Che non cancella il retrogusto amaro della mancata qualificazione all’Europa League, forse alla portata (ma si sarebbe potuto aiutare di più e meglio il tecnico su mercato, soprattutto a gennaio), ma che rende sicuramente più dolce la prospettiva futura.
La mentalità, quella vincente, non manca proprio. Ed è già un ottimo punto su cui partire. Basta lo storico dei derby allo Juventus Stadium per capirlo, senza nulla togliere alla squadra che c’è stata e che ha fatto tanto, davvero tanto, anche in Europa. Ma quello che si è visto sabato scorso, contro la formazione di Allegri, è sembrato avere una marcia in più. Una mentalità diversa, innanzitutto, e sicuramente vincente: affrontare la Juve a viso aperto, senza modificare il modulo iperoffensivo che bene aveva fatto in passato, non è stato segnale di sfrontatezza, ma di giusta convinzione nei propri mezzi. Si aggiungano le motivazioni che scaturiscono inevitabilmente da questa partita e quelle che Mihajlovic è riuscito a infondere alla squadra, e il gioco è fatto. E che gioco.
Un Toro cinico, concentrato, attento, corto in tutti i reparti e pericoloso quando serve. Anche con quattro attaccanti in campo, contro un squadra di due categorie superiore, sulla carta. Mihajlovic ha rivoluzionato la squadra, gli ci è voluto poco meno di un anno, ma sembra esserci riuscito. Ora il futuro è davanti a lui: dovrà ancora lavorarci parecchio, ma la base, almeno caratteriale, non manca. E non è cosa da poco.