Torna l’appuntamento con La penna granata in trasferta di Vincenzo Chiarizia: questa settimana ci spiega il butterfly effect sul Toro

Un battito di ali di una farfalla in una parte del mondo, secondo la teoria del butterfly effect, produce un uragano nell’altra parte del globo. L’effetto farfalla è presente nella teoria del caos, dove viene spiegato come dei grandi effetti ottenuti in un preciso momento, scaturiscano da un minimo cambiamento di uno stato o di una determinata situazione in un momento o stato precedente. Per il Toro il battito di ali è stato l’avvento di Cairo nel 2005. Dai più, anche dal sottoscritto, il suo avvento fu salutato come un qualcosa di positivo, perché il fu Papa Urbano si presentò in pompa magna con la veste di salvatore, quando poi è stato solo l’imprenditore più facoltoso in quel momento a volere prendere il Toro gratis dai lodisti. Ad ogni modo oggi stiamo vedendo le conseguenze di quel battito di ali. Si potrebbe obiettare che comunque con Cairo in questi quindici anni ci sono stati anche momenti positivi. Indubbiamente sugli spalti del San Mames assieme agli oltre 3000 fratelli granata ho vissuto novanta minuti di pura goduria. Tuttavia resta il fatto che quella soddisfazione rappresenta solo un momento positivo (nei sedicesimi di finale di Europa League) e null’altro, perché come il bellissimo borgo antico di Civita di Bagnoregio (che crollerà per via della conformazione geologica del terreno), è stato definito “la città che muore”, così il Torino di Urbano Cairo è una società gloriosa definibile “il club che muore”.

Il Torino oggi

Cosa è oggi il Torino FC? Il Torino è una società che per numero di tifosi è al di sotto della soglia del mezzo milione (462.000!), quando aveva numeri ben maggiori prima della presidenza Cairo. Il Toro era una squadra che lottava nei derby e che era temuta. Oggi non è così. La Juventus, per quanto più forte possa essere, sa bene che ogni anno parte con un +6 in classifica e questo dovrebbe essere intollerabile per chi siede a capo di una società che ha nella storia dei valori contrapposti all’arrendevolezza. Nello specifico il Toro di oggi è una società che non ha nemmeno l’idea di uno stadio di proprietà, è in affitto in quella che dovrebbe essere casa sua, non ha una mensa nel centro di allenamento, non ha un quartier generale, non tutela il patrimonio della sua storia, mette a repentaglio la vita dei propri tifosi, consentendo l’ingresso di frange organizzate di tifoserie rivali in settori riservati ad abbonati di gruppi del Toro, non valorizza in prima squadra i giovani, non dà all’allenatore scelto una squadra adatta al suo modo di giocare, ha una dirigenza invisibile che sparisce nei momenti di difficoltà, è una squadra terzultima in classifica in piena zona retrocessione e che contende al Benevento il primato di peggior difesa. La squadra granata oggi è ridotta ad essere questo. Ecco quali sono gli effetti del butterfly effect del 2005 con l’avvento di Cairo.

Ma se esiste ancora qualcuno che vuole salvare le cose positive, esattamente come esiste ancora chi giustifica dittature sanguinarie passate, affermando “ha fatto anche cose buone”, analizziamo oggi il frutto delle sue azioni andando indietro soltanto di un anno e mezzo, precisamente a maggio 2019. Non so se ci rendiamo conto quanti danni ha fatto quella mancata sessione di calciomercato estivo della passata stagione, assieme ai presunti premi (usiamo il condizionale) non pagati dal Torino ai giocatori per la qualificazione in Europa League (come da articolo pubblicato su Tuttosport). Il presidente decide dunque di non acquistare rinforzi in vista dei preliminari, non rispetta probabilmente le promesse ad alcuni giocatori che arrivano a nutrire risentimento ed inevitabilmente a spaccare lo spogliatoio. Proprio lo spogliatoio granitico era stata l’arma in più che aveva permesso a Mazzarri di raggiungere i famosi 63 punti. Romperlo è stata viceversa la causa della salvezza ottenuta per il rotto della cuffia nel campionato seguente, dove Mazzarri è stato letteralmente travolto da problematiche extracalcistiche.

L’anno scorso è stata una stagione orribile, con tanti record negativi tra cui l’umiliante 7 a 0 subito in casa contro l’Atalanta. La conseguenza del campionato scorso, condizionato anche dal Covid-19, ha fatto svalutare il parco giocatori, ma il presidente nell’estate 2020 pretendeva comunque cifre importanti. Senza le cessioni dunque non si è riusciti a fare la rivoluzione desiderata o quantomeno sbandierata, non si è allestita una squadra all’altezza e che abbia dei ricambi affidabili, ed ecco che a Milano ci siamo ritrovati a vivere la partita contro l’Inter con l’incapacità di riuscire a gestirle. I cinque cambi a noi ci uccidono, perché squadre normali hanno una panchina all’altezza e li usano. Noi con un po’ di sfiga per le varie assenze (Belotti, Lukic, Gojak e Verdi a partita in corso) non abbiamo chi mandare in campo e/o li utilizziamo male (il senso di far entrare Millico al 93′?). Sarebbe bastato un altro battito di ali nell’estate del 2019 (perché il butterfly effect potrebbe regalare anche stravolgimenti positivi), rispettare le promesse fatte ai giocatori e rinforzare la squadra. Oggi, ne sono certo, saremmo qui a parlare di tutt’altro.

Insomma, tutto ha un’origine, sia per le cose belle che per quelle brutte. L’origine della situazione attuale per me risale a 15 anni fa, ma nello specifico la stagione balorda di quest’anno è frutto della gestione autolesionistica del mercato e della squadra dopo la qualificazione in Europa League.

Urbano Cairo, Torino
Il presidente del Torino, Urbano Cairo, con l’ombrello
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ultimo aggiornamento: 26-11-2020