Dopo la Coppa dei Campioni farlocca, grondante del sangue dei loro stessi tifosi, non mancherà loro certo l’impudenza di festeggiare questo scudetto
Il politically correct imporrebbe un astenersi dal parlare di calcio in questo periodo, destinando ogni nostro pensiero e parola al dramma che stiamo vivendo nella clausura delle nostre case o nell’inferno degli ospedali. Cosa buona e giusta, peccato, però, che il vertice del calcio non abbia cessato di discuterne all’interno delle ovattate camere del potere. Con discussioni e determinazioni, fortemente partigiane verso la solita nota, favorite proprio dal “corretto disinteresse verso le cose pallonare”, che, in questi difficili giorni, è proprio di noi tutti comuni mortali, quand’anche appassionati di calcio.
Discussioni da cui emerge il “disinteressato consiglio” dato dall’UEFA, presieduta da Čeferin, che firmò con Agnelli (presidente dell’ECA) un accordo per tutelare insieme l’integrità del calcio, che così suona: “Care Federazione Nazionali, ovviamente siete libere di autonomamente determinarvi sulle sorti dei Campionati ora sospesi, ma il nostro consiglio è quello di concedere il titolo alla squadra capolista al momento della sospensione”, come peraltro imposto sempre dall’UEFA alla Jugoslavia nel 1999, che vide il Partizan di Belgrado proclamato campione a 10 giornate dalla fine di un Campionato sospeso per fatto bellico.
Una libertà di scelta concessa alle singole Federazioni fortemente intrisa di quell’ipocrisia propria del potere pallonaro. La comune esperienza insegna infatti che, giocare 12 giornate piene più una serie di recuperi prima dell’estate, sarà pressoché impossibile. Si andrebbero ad impegnare ben 2,5 mesi, comprensivi di turni infrasettimanali da calibrare sugli impegni di Coppe Europe, che certamente l’UEFA farà ultimare costi quel che costi, per le ovvie ragioni economiche collegate in particolare alla Champions; ragioni che hanno determinato l’UEFA sin’anche a slittare di un anno gli Europei.
Orbene, pur iniziando a maggio, e dubito sia possibile prima di metà/fine mese sulla base delle consolidate indicazioni degli scienziati quotidianamente riportate dai media, si finirebbe di giocare tra fine luglio e metà agosto, con le ovvie probabilmente insuperabili conseguenze relative ai contratti dei calciatori scadenti al 30 giugno, alle ferie dei medesimi ed alla preparazione in vista del nuovo Campionato.
Ed allora, ecco che torna buono il disinteressato consiglio dell’UEFA capace di risolvere tutti i problemi: lo scudetto ai gobbi in quanto primi in classifica al momento della sospensione. Un disinteressato consiglio che son certo il nostro Palazzo del Calcio farà proprio verso metà/fine aprile, dopo estenuanti discussioni da cui emergerà l’impossibilità oggettiva di terminare il Campionato. Un’impossibilità che, son altrettanto certo, verrà ipocritamente divulgata affermando: “Abbiamo fatto tutto il possibile per finire il Campionato, ma non è stato possibile; in questi difficili momenti la comunità calcistica deve mostrare responsabilità, unità, solidarietà e altruismo, con la salute dei tifosi, degli staff e dei giocatori quale assoluta priorità”. Una priorità di salute però del tutto dimenticata allorché si fecero giocare le partite del 8/3 contro la volontà del Governo e dell’Associazione Calciatori, partite tra cui, guarda caso, c’era gobbi-Inter, incontro assolutamente necessario per poter attestare il primato di classifica dei gobbi sulla Lazio a parità di partite.
Uno scudetto che verrà quindi omaggiato ai gobbi, ma sarà indissolubilmente legato alla tragedia che tutti noi stiamo vivendo ed ai morti che i media ci comunicano nel quotidiano bollettino di guerra. Uno scudetto che mai dovrebbe essere assegnato e che, se assegnato, nessun dovrebbe volere. Uno scudetto macchiato da sofferenza e morte degli italiani che però, son certo, i gobbi andranno impunemente a ritirare, aggiungendolo a quel falso numero di scudetti vinti ignobilmente imbrattante i muri del loro stadio.
D’altra parte, dopo quella Coppa dei Campioni farlocca, grondante del sangue dei loro stessi tifosi, innalzata sulla scaletta dell’aereo ed esibita nel loro lugubre museo, non gli mancherà certo l’impudenza di festeggiare uno scudetto regalatogli dalla più grande tragedia italiana dalla seconda guerra mondiale.
Inutile dire che la nostra società dovrebbe essere in prima linea a combattere contro questa probabile (ma penso certa) regalia ai gobbi, ma ci credo poco. Un fine campionato decretato alla data di sua sospensione, escluderebbe qualunque rischio di retrocessione per noi e consentirebbe al dott.Urbano Cairo di festeggiare la “consolidata permanenza in serie A”, ascrivendola al suo triste palmares.
In ultimo, visto che parlo di gobbi, entro anche nel dibattito sull’ipotesi di invitare a Superga una loro delegazione il Sacro Giorno del 4 maggio, che tanto ha infervorato i social nei giorni scorsi. Posso capire l’amico Mecu che ha lanciato il dibattito; l’invito delle delegazioni di altre squadre ad una commemorazione è cosa sicuramente rientrante nell’ordinarietà istituzionale. Ma vi sono momenti in cui l’ordinarietà istituzionale non può assolutamente trovar casa e, questo, è per me uno di quei momenti.
Degli Immortali, noi tifosi granata il 4 maggio commemoriamo e celebriamo il valore e la lealtà sportiva sul campo. Come potrebbero, quindi, persone marchiate a fuoco dal menefreghismo verso il sangue dei propri tifosi e verso le tragedie umane ed il cui fine è solo la vittoria giustificata con qualunque mezzo, porsi quel giorno avanti a quella lapide, porre quel giorno i loro occhi su quella lapide? Più che verso noi tifosi, sarebbe un autentico oltraggio nei confronti degli Immortali per ciò che rappresentarono e tutt’ora rappresentano; un oltraggio che mai e poi mai dovrà configurarsi.