Tutto il Toro minuto per minuto / 13: il libro intervista di Gigi Marengo in esclusiva per Toro.it dal fallimento del Torino Calcio fino all’arrivo di Cairo: “Dai depistaggi in hotel agli assegni incassati”
Continua “Tutto il Toro minuto per minuto” il lungo ed esclusivo libro-intervista su Toro.it a Pierluigi Marengo sulla convulsa estate del 2005, coincisa con il fallimento del Torino Calcio di Cimminelli, con l’arrivo dei Lodisti e con la successiva compravendita della societĂ , trattata da Urbano Cairo. Seguiremo passo dopo passo ogni avvenimento di quell’estate così travagliata per i tifosi del Toro. Ecco l’ultima puntata: le conclusioni.
Ora sei tornato un semplice tifoso e, da tifoso, c’è qualcosa che lamenta nella gestione Cairo, a partire da quel famoso 2 settembre?
Non mi piace la mancanza di trasparenza gestionale verso i tifosi. Non posso accettare la lesione di territorialità che ha caratterizzato l’attuale gestione sin dal famoso 3 settembre 2005. Mi fa arrabbiare la scarsa attenzione posta a livello societario sulla nostra storia. In ultimo, le due situazioni che più mi fan girare i cabasisi, rendendomi furente su quanto ogni giorno tocco con mano: l’imprenditorialità gestionale sistematicamente applicata sin’anche oltre la manualistica di settore e la ricerca di intesa e convivenza con l’impero zebrato e la sacra famiglia.
Iniziamo con quella che ha definito mancanza di trasparenza verso i tifosi.
Una società di calcio è certamente, sotto il profilo di diritto, una esclusiva proprietà di chi né sottoscrive il capitale sociale, ma è, al tempo stesso, proprietà morale dei suoi tifosi. La vicenda Lodo, permettetemi di dirlo, lo attesta in pieno. Se avessimo ritenuto il Toro cosa nostra, avuto il titolo sportivo avremmo potuto tranquillamente venderlo al primo che ci infilava soldi in sacchetta, senza ammazzarci nel cercare di costruire squadra e società . Le norme di legge l’avrebbero consentito. Invece no; abbiamo deciso di assecondare quanto il mondo granata ci chiedeva, quel mondo a cui ascrivo la proprietà morale del Toro. E, proprio a questa mia visione di società di calcio, lego l’aspettativa di trasparenza verso i tifosi sugli atti gestionali. Non vi è alcun obbligo di legge al farlo, ma il rapporto società -tifosi si articola su ben più delle semplici norme di legge.
Una trasparenza che non ho rilevato sulla vicenda Sisport.
Perché la struttura Sisport non fu locata direttamente dal Toro, ma venne locata dalla Mp Service srl di Urbano Cairo (fonte Bilancio depositato 2017) e poi subaffitta da questa al Torino f.c. a 400 mila euro l’anno?
Certamente tutto lineare, sicuramente quei 400 mila euro, che la Mp Service srl ha ricevuto annualmente dal Torino f.c. per la Sisport, sono l’esatto costo sopportato da quest’ultima per mettere a disposizione l’impianto. Non discuto e non penso nulla di male su quest’operazione, però lamento una mancanza di trasparenza verso i tifosi che legittima perplessità .
E dalla comparazione tra la vicenda Sisport e la vicenda Filadelfia mi sorge un’ulteriore perplessità a cui non riesco a darmi risposta. Perché il Torino f.c. tanto discusse con la Fondazione Filadelfia per avere il nuovo impianto a soli 205 mila euro annui, quando pagava 400 mila per la Sisport?
Un impianto, il Fila, peraltro neppur paragonabile a quel fatiscente sito Sisport, con il famoso container dentro cui veniva presentato al mondo il Toro. Una perplessità che mi rode particolarmente, perché quei 195 mila euro annui di differenza sul canone locatizio consentirebbero, se incassati dalla Fondazione, l’apertura da parte di quest’ultima di un mutuo per oltre 3,5 milioni di euro, ovvero l’esatto occorrente per finire il Fila nella sua componente storica, tra cui il museo.
Son certo che una seria motivazione societaria su entrambe le questioni qui sollevate vi sia e saremmo tutti felici di conoscerla nei suoi dettagli. Basterebbe pubblicare sul sito ufficiale del Torino f.c. il contratto di locazione sottoscritto tra Mp Service srl e proprietĂ Sisport, in uno con la comparazione costi tra Sisport e Fila, e le mie lamentele di carenza di trasparenza verso i tifosi sulle vicende gestionali svanirebbero. Una pubblicazione di documenti e numeri che, se vi fosse, ritengo farebbe del bene in primis alla societĂ .
Passiamo ora a quella che ha definito lesione di territorialitĂ .
Su ciò non mi dilungo, ho già detto moltissimo nelle puntate sul Lodo. Per me il Toro è il simbolo della torinesità , ma nel Torino f.c. non riscontro questo primario e vitale requisito. Trovo, e su ciò mi ripeto sul già detto, assolutamente inaccettabile che il Toro, nella sua città , si riduca a una sede di poche decine di metri quadri, quale quella di via Arcivescovado, ed abbia i suoi primari uffici operativi a Milano. Il Toro è Torino, non Milano; tutto ciò che è Toro deve essere torinese e in città . Torino e il Toro devono essere il nostro Villaggio di Asterix, baluardo inconquistabile dalle legioni dell’impero zebrato. I gobbi siano pure la signora d’Italia, ma mai dovranno essere il simbolo della nostra città . Invece, in questi tredici anni, loro si son sempre più posizionati in Torino, con stadio, museo e attività promozionali varie, mentre noi siamo in larga misura emigrati a Milano, a partire dagli uffici, per giungere ad un CdA totalmente milanese, suddiviso tra famiglia e aziende di Cairo. Nessun uomo simbolo della nostra storia al suo interno.
La città di Torino esclusa dal Torino f.c.. La storia granata altrettanto fuori dal Torino f.c.. Una torinesità granata che fu dimenticata sin dal primo giorno di questa gestione. Il nostro progetto andava invece nella direzione opposta… bastava copiarcelo.
Passiamo ora alla tua terza doglianza: la scarsa attenzione posta a livello societario sulla storia del Toro.
Su ciò è sin’anche inutile disquisire, tanto è palese la scarsa propensione societaria al curarsi della storia granata, una storia che è unicum mondiale. Salvo l’apparizione annuale a Superga, vedo solo un arido deserto.
Il Filadelfia pare quasi subito dal Torino f.c., dopo che Comune e Regione lo hanno ricostruito con un minimo intervento di Cairo. Un intervento ristretto ad un milione di euro, laddove avrebbe invece dovuto esser la società stessa a ricostruirlo. La allora semplice plusvalenza di Ogbonna era più che sufficiente per realizzare tutti i lotti. E dico “pare subito dal Torino f.c.” perché la sua sistematica chiusura ai tifosi ne snatura completamente l’essenza primaria, rendendolo niente più che un semplice campo di allenamento. Il Fila è però ben altra cosa rispetto ad un campo di allenamento e nasce aperto alla gente granata. Rispettare la nostra storia, vuol quindi dire tenerlo aperto. E non mi si annoi con la storiella dell’allenatore che vuol allenare a porte chiuse. La società ha solo da imporne l’apertura… non penso che un allenatore si dimetterebbe per tale “imposizione”.
Poi lo stadio di proprietĂ .
Il Toro, con il Fila, fu la prima squadra in Italia ad avere lo stadio di gioco in proprietà , altro unicun granata. Ebbene, e qui si che mi girano ad elica gli zebedei, il Toro poteva nuovamente essere la prima squadra, dell’epoca moderna, a giocare in uno stadio di proprietà . Il Delle Alpi diventò infatti lo stadio ufficiale dei gobbi solo dopo l’intervento di ristrutturazione del 2011. Noi avremmo invece giocato la prima partita nel nostro stadio, fresco di ristrutturazione olimpica a qual punto concordata con la società , già nel 2007/2008. Bastava rilevarlo dal Comune, come peraltro promesso da Cairo a Chiamparino durante le calde giornate di trattativa di cui ho parlato. Una promessa non mantenuta di cui non si lamentano certo i gobbi. Se fosse stata mantenuta, avrebbero perso il podio di prima squadra in Italia ad avere lo stadio di proprietà .
All’epoca il Comunale sarebbe stato acquisito con circa 11 milioni di euro o probabilmente meno, vista la necessità del Comune di coprire la spesa straordinaria sopportata per lo stadio a seguito del fallimento Cimminelli. Un investimento che ho sempre ritenuto dovuto, da parte di chi era arrivato a Torino da messia milionario e aveva acquisito il Toro a costo zero, regolarmente iscritto alla serie B e senza un euro di debito pregresso. Una acquisizione che significava ricollegare il Toro alla sua storia, oltre che porlo nell’empireo delle squadre leader italiane. Lo stadio era lì, bastava prenderlo e per prenderlo bastava versare nelle casse societarie quel denaro non speso per l’acquisizione del Toro.
Due operazioni omesse su cui sono molto critico verso l’attuale gestione, ma, al tempo stesso, due operazioni ancor oggi praticabili. Per acquisire il Fila, facendolo così tornare patrimonio esclusivo del Toro come sempre fu dal 1926, basta liquidare la quota immessa in Fondazione da Comune e Regione. Per il Comunale, basta avviare la trattativa per la sua acquisizione con il Comune. La semplice plusvalenza di Zappacosta probabilmente basterebbe per entrambe le operazioni. Chissà se Cario vi provvederà … ho forti dubbi, visto che non l’ha fatto per tredici anni.
E restando in ambito di scarsa attenzione societaria verso la nostra storia, non si può poi omettere di evidenziare come i gobbi, copiando una precisa idea del nostro progetto societario del 2005, abbiano creato ed organizzato nel 2010 la Legend con i loro ex, mentre in casa Torino f.c., casa della più antica associazione ex calciatori italiana, nulla si è mosso per coinvolgerli in attività culturali e promozionali, dandogli la giusta e dovuta visibilità .
Ed ora i due aspetti che ha detto che più la disturbano, partiamo con quella che ha indicato come l’imprenditorialità gestionale sistematicamente applicata sin’anche oltre la manualistica di settore.
Il calcio si fa con passione e ambizione, non con un programma excel e tanto meno con l’attitudine al risparmio. Qualche lettore, nei commenti sulle scorse puntate, ha affermato che il nostro progetto era utopia. Ha ragione. Era utopia, ma solo rincorrendo l’utopia si realizza qualcosa di nuovo, qualcosa di affascinante. Nell’utopia risiede il sogno, mentre se si riduce tutto alla “paura di fallire” ed ai “conti in ordine” non si volerò mai alto, si resterà sempre solo al pian di babi. Poi il Toro stesso è utopia, quella magnifica utopia che ci ha reso capaci di resistere nei decenni alle legioni del potere calcistico italiano, nella città ove loro hanno sede ma di cui noi abbiamo chiavi e vanto.
Senza sogni c’è solo il grigiore imprenditoriale amministrativo, scevro da ogni passione e collegato al solo risultato economico. Se poi, oltre a rinunciare ai sogni, si elabora un progetto societario con un programma excel impostato esclusivamente sull’ammucchiare ricchezza, si supera persino il grigiore e si cade nel nulla. Nel calcio, più che in ogni altra attività , chi non risica non rosica e noi, da tredici anni, non rosichiamo nulla, sempre solo brodini riscaldati e pasta precotta. Borsano, con tutte le sue criticità , ci fece sognare. Oggi sogniamo solo più che il campionato finisca in fretta, per non dover sopportare quella anonima mediocrità in cui ci siamo trasformati. Sogniamo poi un’estemporanea partecipazione a EL, con sogno che sistematicamente svanisce al giungere di ogni primavera. Quella EL che le squadre di blasone pari al nostro tutt’al più considerano un contentino, il regalo di un’annata storta, mentre a noi è venduta quale miraggio e summa di vita.
E se dal campo passiamo all’extra campo, nulla più ci viene dato di stimolante; ci risulta difficile sin’anche discutere di calcio al bar. Non sappiamo cosa dire. Non condanno, anzi apprezzo, il tenere i conti in ordine, ma tra il tenere i conti in ordine e l’ammucchiare denaro c’è di mezzo l’oceano. Il presidente di una società di calcio deve reimpiegare gli utili, deve usare gli utili per far crescere squadra e strutture, per dare nuovi orizzonti al sodalizio. In una società di calcio, conti in ordine significa un giusto indebitamento rispetto al fatturato, lo attesta sin’anche la FIGC con i suoi parametri economici. Significa accontentare al meglio le pretese dei tifosi, ricorrendo all’indebitamente bancario sino ad un livello di rischio controllato ed accettato dalle carte federali, per poi superare quel livello con l’immissione a capitale di soldi propri dei soci. Chi ha voluto il giocattolo calcio, solitamente paga un prezzo per giocarci e lo paga immettendo denaro proprio in società … e questo per me è un assioma, non un parere, visto che ciò accade in praticamente tutte le società di calcio.
Invece da noi no. Nel Torino f.c. (fonte Bilancio depositato 2017, da sito luckmar.blogspot.com) non v’è alcun debito verso le banche o verso terzi finanziatori. Addirittura non v’è debito verso i soci.
Ma non basta. Non solo non vi è quel giusto debito che è proprio di tutte le nostre avversarie, con i rispettivi Presidenti più o meno largamente finanziatori, ma vi è pure un accumulo. Una mucchio di denaro fermo sui conti societari. E non mi interessa se sono 30 o 60 o 90 milioni, grave è di per se che esita un mucchio di denaro fermo, qualunque sia la sua entità . Denaro che potrebbe essere usato per acquisire lo stadio in proprietà e riportare la proprietà del Fila al Toro. E non lo si userebbe neppure tutto; ci sarebbe ancora di che operare significativamente sul mercato.
Quel mercato invece in larga misura fatto di inseguimenti sotto traccia di giocatori a basso costo, a volte improponibili. Mai il Torino f.c. è protagonista sui veri colpi di mercato; quelli li fanno gli altri, spesso su di noi regalandoci plusvalenze. E noi tifosi pateticamente a discutere, persino litigare tra noi, sull’opportunità di avere Donsah piuttosto che Verissimo o a magnificarci per il ritorno di Bruno Peres, elucubrando su moduli di gioco per cui già sappiamo mancheranno validi giocatori ed interpretarli. Un mercato con nomi ipotizzati in granata che mi lasciano indifferente, tutti nomi magari buoni per la Spal o per il Sassuolo. Ma noi siamo il Toro, tutta un’altra cosa. Quel Borsano che ci regalò un grande sogno, ci faceva discutere su Martin Vaschez e Casagrande, Scifo e Cravero, Lentini e Benedetti, Policano e Bruno… Oggi rifiuto persino di discutere di mercato e mi disturba il leggere i pezzi che ne parlano… articoli con nomi deprimenti. Non invidio chi, come voi della redazione, è costretto a scrivere su tanta pochezza, su tanto nulla.
Ora l’ultimo dei suoi malesseri: la ricerca di intesa e convivenza con le legioni zebrate.
Questo supera ogni altro mio malessere. Vedere il Toro sistematicamente umiliato dai gobbi, per tredici lunghi anni, mi provoca conati a ripetizione. Ho persino smesso di andare a vedere il derby; non posso reggere a ciò che succede in campo. Un tempo il Toro era spesso più debole dei gobbi, ma negli scontri diretti usciva quel valore aggiunto che era il granatismo ed erano gli zebrati ad avere paura di noi, non noi di loro.
Ora non più; il Torino f.c. è divenuto il loro agnello sacrificale, i loro sei punti sicuri in classifica. E la cosa non mi stupisce. Lasciando fuori dalla società chi quel granatismo l’ha vissuto sulla propria pelle per anni, difficilmente si può poi pensare di ritrovarlo nelle nuove leve. E se quel granatismo è estraneo al vertice societario, come si può pretendere l’abbiano i ragazzi in campo.
Da tifoso granata, non posso concepire un Toro supino dei gobbi, così come mi genera ribrezzo ogni politica societaria finalizzata a buone relazioni e non disturbo al manovratore.
Capisco che il mondo degli affari richieda diplomazie tra i grandi operatori, ma se si vuole avere il Toro, occorre prima esser antitetici alla gobba e alla famiglia di cui la gobba è lo storico giocattolo, poi e solo poi si può pensare agli affari. Quanto mi incazzo nel sentire De Laurentis, Della Valle, Moratti parlare male dei gobbi, mentre la voce granata è zitta, sistematicamente zitta.
Concludendo, direi che di cose che non le piacciono nell’attuale gestione ve ne sono parecchie…
Sì, sono tante, ma se ci rifletti sono tutte riportabili ad un unico comun denominatore. Il Torino f.c. non è il Toro, punto e basta. Non è quel Toro passionale, irrazionale, un po’ pazzo, capace di vivere la propria storia nel quotidiano suo essere, forte dei valori della lealtà sportiva e nemica di ogni forma di sopruso o condizionamento, faro nazionale nella lotta alla strapotere zebrato. Il Torino f.c. lo leggo solo quale squadra da risultato senz’anima, null’altro. Ed io sono sempre stato tifoso del Toro, non dei risultati. Una squadra da risultato peraltro senza risultati, tanto per rendere ancor più deprimente la situazione.
E allora come vuole chiudere queste tredici puntate?
Con una sola frase: l’autentico tifoso granata oggi può solo godere del passato, sopportare il presente e rassegnarsi al futuro. A meno che… e qui chiudo questo libro intervista.
Chiudo ovviamente con un doveroso e sentito ringraziamento a tutti coloro che mi hanno letto in questi oltre tre mesi ed un arrivederci a settembre con la rubrica SognaToro. Buone vacanze e Forza Toro, nella certezza che il Toro non morirĂ mai e, se anche dovesse morire, ci saranno comunque sempre dei pazzi come me, Rodda e Bellino che lo riporteranno in vita.
A questa pagina potrete trovare lo schema preciso di tutte le puntate.
Ripeto al sig. Madde, con educazione e rispetto, di smettere di lanciare il sasso e ritirare la mano. Ancora… altri giri di parole, altri panegirici per dirci che qualcuno è interessato al Toro. Io sono piuttosto terra terra: C’è si o no? Di che ricchezza dispone? Chi è? Perchè non… Leggi il resto »
o sei un povero idiota con difficolta’cognitive,o sei in pezzo forte dei leccapiedi cairoti. sei abilissimo nel modificare pro domo tua i pensieri altrui,tipico di una certa scuola e di uno che scriveva come te con nick diverso. ho sempre detto che molta piu’ gente comincia a farsi domande sull’operato… Leggi il resto »
comunque,collaborando,e sottolineo collabarando,di modo che nessuno fraintenda,con un giovane procuratore,avro’ pochissimo tempo per scrivere,troverai sempre qualcuno che ti dira’ cio che meriti,di questo son sicuro.
un saluto a tutti i veri granata,ci scriviamo vs il 18 agosto
scusa,ma son stanco dopo 13 ore di lavoro,levo il povero idiota,non e’ assolutamente il caso e non era voluto,tutto il resto confermato
dovresti togliere anche leccapiedi o leccacubo di Cairo. Io non lo sono. Tu e altri lo potete continuare a scrivere. Non mi cambia la vita. Non mi rende triste o nervoso. Ma non lo sono.
ahia devo aver toccato dei punti dolenti, se è ripartita la selva di insulti che per altr oio non ti sto rendendo. Succede sempre così però quando si chiedono notizie precise e si insiste quando l’altro continua a menare il can per l’aia. Si dĂ fastidio. Nel resto ho fatto… Leggi il resto »
Vorrei salutare, infine, con estrema gratitudine l’Avv. Marengo. Anzi, chiedo scusa se anch’io (che sono stato definito da altri utenti “60enne rancoroso” nei confronti dell’attuale societĂ ) mi permetto di darti del tu, non per mancanza di rispetto, ma solo per comunanza di Fede Granata Vera: Gigi, da quanto hai voluto… Leggi il resto »
l’impressione è proprio contraria. All’inizio tutti entusiasti del racconto. Poi a vacillare sono proprio stati anche quelli a cui cairo sta su e non perdono occasione per scriverlo. Segno che qualcosa non quadra. Un po’ nella ricostruzione, un po’ nelle idee utopiche e impossibili da attuare. Ala fine l’amaro in… Leggi il resto »
Beh, Rudolph la Renna, che legge sempre, non scrive mai, ma conosce tutto del forum è sicuramente attendibile. Chi pensa sia un utente farlocco alzi la mano: IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO! IO!….. Sig. Rodolfo58, sono anch’io un 60enne, come… Leggi il resto »
toh, c’è chi aspetta l’ultima puntata per scrivere la sua idea, e c’è chi aspetta piĂą di 13 anni per raccontarci la propria storia. patsala: “mi pare oltremodo strano che lei abbia atteso anni…per svelare una veritĂ che, conosce da anni…. ” la tua frase di sopra calza quasi a… Leggi il resto »