Il tifoso del Toro ha memoria di ciò che fu e non confonde il miglior cotone o la miglior lana con l’acrilico.

Un campionato, nella sua articolazione tra alta, media e bassa classifica, più che mai senza sorprese. Una classifica composta da tre precisi gruppi: il primo capeggiato dall’Inter che termina con l’ottavo posto della Lazio; il secondo capeggiato dall’Empoli che termina con il quindicesimo posto dei doriani; in ultimo la pattuglia retrocessione, che va dal Venezia alla Salernitana. Situazioni di classifica, come detto, abbastanza prevedibili ancor prima dell’inizio campionato. Chimerico il guardare al primo gruppo ed escluso ogni rischio di cadere nel terzo, noi ci troviamo stabilmente nel secondo raggruppamento, un’aggregazione che fa capolino, con due squadre, nella parte sinistra della classifica ed occupa l’intero vertice della parte di destra. Anche qui, assoluta prevedibilità. Ho infatti sempre scritto e dichiarato che il Torino di Juric era, è e sarà squadra da 1,3 punti partita. Dopo la risicata vittoria con l’Hellas, i punti partita sono ora quasi 1,4, ma, con il prossimo mercoledì meneghino, penso torneranno a quel 1,3 pieno, che conferma un girone di andata corso sempre senza alcun affanno e, altrettanto, senza alcuna particolare ambizione europeistica.

Un limbo cercato, voluto, raggiunto. Un limbo che, se raffrontato alle scorse stagioni, appare quasi uno “scudetto”, il classico “scudetto delle provinciali”, il festeggiato “scudetto delle piccole”. Uno “scudetto” d’inverno penso confermato anche in estate, al termine del girone di ritorno. Un ritorno ove, tutt’al più, potremo fare qualche punticino in meno, vista il calendario più arduo sulle partite casalinghe, ma che non penso si scosterà più di tanto dagli odierni 25 punti finali, con piena conferma di quel 1,3 punti partita che previdi sin dall’inizio. Una quindi piena conferma sull’esser squadra da limbo, squadra che può tutt’al più mettere il naso nella parte bassa della sinistra di classifica.

Orbene, per molte tifoserie, e penso a quelle di Bologna, Cagliari, Empoli, Genoa, Salernitana, Sampdoria, Sassuolo, Spezia, Udinese, Venezia e Verona, il vivere il limbo della metà classifica, senza affanni da arranco di fondo classifica e senza ambizioni europeistiche, è visto come un risultato certamente positivo, sin’anche fortemente positivo. Molto spesso da festeggiare. Ma lo è o, per lo meno, lo può essere per un tifoso granata? Archiviate nel dimenticatoio le due passate stagioni, al pari delle due che ci videro al settimo posto, in quanto sia le une che le altre asintoniche con quella che è stata la media ponderata dell’ultimo decennio, questo e solo questo è il busillis che ci attanaglia.

Un busillis su cui la tifoseria è fortemente divisa. Una parte, solitamente definita cairota o degli accontentisti, si è tranquillamente calata in questa dimensione, traendo soddisfazione da una vittoria, magari risicata, con una provinciale ed accettando le sconfitte con le grandi nel (tutto suo) convincimento del “non son queste le partite da vincere”. Per loro ogni giocatore acquistato (o avuto in prestito) dalla società si trasforma immediatamente nel fenomeno del secolo e diviene in automatico il nuovo capitan Ferrini, il Donnarumma serbo, il metronomo che ci mancava… salvo trasformarsi in bidone quando posa la nostra maglia cercando realtà più ambiziose o meno rancine.
Un’altra parte, solitamente definita anticairota o dei maicuntent, non accetta invece di vedere il Torino in cotal limbo, di vedere il Torino vittima (un po’ sacrificale) delle grandi del campionato e capace di vincere solo in ambito casalingo e contro le piccole. Per questi, ogni nuovo giocatore è da vagliar sul campo, partendo comunque dal presupposto che, avendo accettato di firmare per una squadra senza progetto sportivo, sicuramente non è un fenomeno.

Ovviamente ho generalizzato, descrivendo così minutamente due gruppi contrapposti che poi, calibrati sul singolo individuo, così contrapposti magari non sono. Ma una comprova certa su una contrapposizione netta di pensiero ci giunge però dallo stadio; uno stadio che ci fornisce un’immagine cruda e chiara dello stato dell’arte.
Quegli spalti sistematicamente e desolatamente vuoti, quel cemento non ricoperto da terga umane, quel freddo non smorzato da calore umano, son infatti precisa prova che il tifoso del Toro, in larghissima misura, non è come quello Bologna, Cagliari, Empoli, Genoa, Salernitana, Sampdoria, Sassuolo, Spezia, Udinese, Venezia e Verona. Il tifoso del Toro vuole di più, il tifoso del Toro vuole esser protagonista e non comparsa nella recita calcistica nazionale. Il tifoso del Toro sa distinguere un bidone da un mediocre giocatore ed un mediocre giocatore da un fuoriclasse e non si fa abbindolare da giornalistici e rosei specchietti per le allodole. Il tifoso del Toro conosce il calcio ed è di palato raffinato, incapace di accontentarsi di una sbobba da caserma. Il tifoso del Toro ha memoria di ciò che fu con conseguente aspettativa su ciò che deve essere la maglia granata e non confonde il miglior cotone o la miglior lana con l’acrilico. Io son tra questi. Vincere in casa con il Verona in dieci mi ha ovviamente fatto piacere, ma certo non lo trovo un risultato da festeggiare; per me da festeggiare è il battere i gobbi, il vincere a Sansiro con le strisciate meneghine, l’arrivare in finale di Coppa Italia e non uscirne ai sedicesimi…
Visto il periodo, chiudo con una vecchia battuta natalizia: “Il vero declino inizia quando a Natale ti regalano un pigiama e non ti sembra più un regalo di merda”.

Ebbene, qualche tifoso che accetta il declino, ritenendo non annate di sterco quelle trascorsa nel limbo, vi sarà pure ed è suo diritto esserci, ma la stragrande maggioranza dei tifosi, quella capace di riempire quei 16/18 mila posti dello stadio oggi sistematicamente vuoti, questo limbo lo riteneva, lo ritiene e lo riterrà sempre e solo una deiezione intestinale. E, ciò, piaccia o non piaccia, è inconfutabile, giacché non sarebbe altrimenti spiegabile la presenza di soli 4/5 mila spettatori allo stadio e quel sempre più ridotto numero di spettatori su DAZN in occasione delle partite del Toro. I numeri, nella loro cruda portata, generano oggettiva verità e la verità è che questa società monocorde del signore di Masio, con il suo galleggiamento nel limbo dell’anonimato calcistico, è lontana anni luce dalle aspettative dei suoi tifosi, quei tifosi che non accettano il declino e continuano a ritenere “un regalo di merda il pigiamino”.

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ultimo aggiornamento: 21-12-2021


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torofab
torofab
2 anni fa

Va bene, la carriera di cairo alla presidenza è arcinota. Negativa restando sull’ottimista. Disastrosa invece se viene analizzato anno per anno, salviamo la gestione del bilancio che non è poca cosa di sicuro. Però in sostanza se non vende non vende. Continuando all’infinito con questi puntuali articoli non si infrange… Leggi il resto »

Alberto Fava ( Gigi Marengo for President ).

Cori pro Cairo ?
Sarebbero fuori da ogni immaginabile decenza .
Meglio un sostegno mimetizzato, fa fine e non impegna.

leonardo (Cairo,le scuse sono finite)

Era x dire Alberto…capisci a me…😀

T9
T9
2 anni fa

Caro Avv. Marengo, i problemi del Toro iniziano ben prima di Cairo 1975/76 39.081 1976/77 40.478 1977/78 38.704 1978/79 33.338 1979/80 28.384 1980/81 24.047 1981/82 24.344 1982/83 29.914 1983/84 32.543 1984/85 37.215 1985/86 29.837 1986/87 28.106 1987/88 29.034 1988/89 27.547 1989/90 30.198 1990/91 33.744 1991/92 33.802 1992/93 25.840 1993/94 25.104… Leggi il resto »

Ivan Juric: chapeau, chapeau, chapeau