Tutto il Toro minuto per minuto / 9: il libro intervista di Gigi Marengo in esclusiva per Toro.it dal fallimento del Torino Calcio, al Lodo Petrucci, fino all’arrivo di Cairo: “Non fu Chiamparino a chiamarlo, ma il contrario. Come iniziò la trattativa”
Continua “Tutto il Toro minuto per minuto” il lungo ed esclusivo libro-intervista su Toro.it a Pierluigi Marengo sulla convulsa estate del 2005, coincisa con il fallimento del Torino Calcio di Cimminelli, con l’arrivo dei Lodisti e con la successiva compravendita della società, trattata da Urbano Cairo. Seguiremo passo dopo passo ogni avvenimento di quell’estate così travagliata per i tifosi del Toro. Ecco la nona puntata: l’arrivo di Cairo e l’avvio delle trattative. A questa pagina potrete trovare lo schema preciso di tutte le puntate.
Siamo ora giunti al 17 agosto 2005, giorno dell’arrivo di Cairo. Cosa avvenne?
Il 16 agosto il Consiglio Federale approvò il calendario della Serie B 2005/2006. Il nostro Toro, ancora con il nome Società Civile Campo Torino, era su quel calendario; l’incubo di non più vedere le maglie granata in campo si era definitivamente dissolto. La nostra prima uscita sarebbe stata con il Pescara, ma avevo già inviato alla Lega Calcio una richiesta per il rinvio delle due prime partite, onde poter completare l’allestimento della squadra, assentando quegli ultimi tre/quattro colpi che avevamo nel mirino. Rinvio che poi venne regolarmente concesso, spostando la prima apparizione in campo al 10 settembre con l’AlbinoLeffe.
Il pomeriggio di quello stesso giorno, a calendari pubblicati, l’avv. Gianni Trombetta di Asti, un collega ben introdotto in Lega quale collaboratore del già Presidente Nizzola, telefonò al Sindaco Chiamparino per fissare un incontro il mattino successivo. Oggetto dell’incontro era il presentargli un imprenditore interessato al Toro.
Da questo emerge che fu Cairo a chiamare Chiamparino. Non viceversa?
Ovviamente, non essendo stato presente alla telefonata, posso solo riferire quanto appresi dalle fonti comunali e tali fonti mi rappresentarono la situazione esattamente come l’ho ora descritta. Una siffatta ricostruzione dell’avvenuto, fu peraltro successivamente confermata dall’avv.Trombetta in una sua intervista, nonostante Cairo abbia invece pubblicamente sostenuto, in svariate sue dichiarazioni ai media, di “esser stato cercato da Chiamparino”. Ricevuta la telefonata di Trombetta, Chiamparino, con assoluta correttezza, chiamò immediatamente Rodda, per informarci ed invitarci all’incontro del mattino successivo; unica cosa che ci disse al riguardo fu il nome dell’imprenditore, la sua origine alessandrina ed il settore di sua operatività: l’editoria. Vero soggetto chiave dell’intera operazione, sin dal primissimo contatto, fu quindi l’avv.Trombetta, in allora più volte indicato dai giornali quale futuro vicepresidente del Torino f.c. Un ruolo però mai riconosciutogli e la cui permanenza nel Toro cessò nel 2010.
Ritorniamo agli eventi. Cosa accadde?
L’incontro con Cairo e Chiamparino fu fissato per la mattina del 17 agosto nell’ufficio del Sindaco, ma di fatto fu solo un breve incontro interlocutorio, in quanto non potei parteciparvi. Per noi era presente il solo Rodda. Tutto si risolse in un rinvio al pomeriggio, onde poter avere anche la mia presenza oltre a quella di Rodda. Incontro pomeridiano a cui Chiamparino non partecipò in quanto, sempre con estrema correttezza, si tirò fuori da una vicenda palesemente di esclusiva competenza nostra e di Cairo e non sua. Per evitare che qualcuno possa malignare sulla mia assenza all’incontro mattutino, mi corre precisare che ciò avvenne solo perché si era in piena frenesia da allestimento prima squadra ed io, in quelle stesse ore del 17 agosto, avevo già fissato un appuntamento con il Presidente del Messina, nell’ufficio di Moggi, per acquisire la comproprietà di De Sousa, all’epoca in comproprietà con i gobbi e quindi necessitante della loro liberatoria, ed il prestito di Gentile. Ricordo che, uscendo dagli uffici della gobba, venni circondato dai giornalisti, a cui risposi con una battuta: “lasciatemi respirare un po’ di sana aria inquinata torinese, dopo quella che ho respirato lì dentro…”.
Perché quell’incontro fu richiesto al Sindaco e non a voi?
Questo è un punto nodale, che genera una precisa riflessione su molte cose successivamente avvenute. La società Toro era sotto tutti i profili, legali e sostanziali, nella nostra esclusiva titolarità, ogni trattativa doveva essere esclusivamente portata avanti con noi. Invece no. Cairo scelse di aprire il tavolo con il Sindaco. Un agire alquanto difforme dalla logica e dalla prassi di trattativa contrattuale; un po’ come se, volendo acquisire da lui il Corriere della Sera la cui sede è a Milano, il potenziale acquirente, invece che contattare lui, contattasse il Sindaco di Milano…
Al momento, travolti da mille cose, non facemmo caso a questa atipicità di approccio alla trattativa, una atipicità che però poi, alla luce del successivamente accaduto, mi cementò nell’idea di una brillante strategia posta in essere da Cairo sin dal primo approccio e di cui quel fatto null’altro era che il primo atto. Una strategia che leggo articolata sul porci sistematicamente in condizioni sudditanza, onde limitare la nostra capacità contrattuale, e, al tempo stesso, mirante al trasformare ogni sua volontà contrattuale in adempimento ad una richiesta pervenutagli da altri. Nello svilupparsi degli eventi, ci trovammo infatti sempre posti in situazione di sudditanza nei confronti di soggetti terzi estranei alla trattativa: prima il Sindaco, poi la piazza. Nello svilupparsi degli eventi, la volontà di Cairo di acquisire il Toro venne infatti sempre comunicata, attraverso i giornali, quale richiesta in tal senso pervenutagli dal Sindaco e dai tifosi in piazza… con lui disponibile e meritorio esecutore. Una chiave di lettura della strategia contrattuale di Cairo che trova ripetuta comprova nelle sue dichiarazioni pubbliche dell’epoca, sempre caratterizzate da “sono stato cercato dal Sindaco…”, “se fosse per me lascerei perdere, vado avanti solo perché me lo chiedono i tifosi del Toro…”, “lo faccio per mia madre grande tifosa del Toro…”. L’acquisizione del Toro fu da lui ripetutamente rappresentata sui giornali più quale sorta di adempimento di un onere verso terzi, con terzi posti nella tiade Istituzione, Popolo e Mamma, che derivante da una sua autonoma volontà imprenditoriale. Una rappresentazione di adempimento di volontà altrui che gli consentì, a fronte di ogni tentativo di discussione sui temi contrattuali, di poter dire “mollo tutto”, se non ci si fosse adeguati alle sue aspettative contrattuali, come detto però traslate sulla triade su indicata. Una prospettiva di “mollare tutto” che, affiancata ad una informazione mediatica di nostra totale inadeguatezza spesso costruita su forzate letture dell’esistente e non raramente su false rappresentazione di eventi, fu la scintilla che infiammò la piazza. Strategia contrattuale che, nella prossima puntata, si paleserà quale fil rouge anche di quel simulacro di trattativa che si sviluppò nelle camere comunali dopo il 20 agosto e che risultò foriera di grande presa sul pubblico. Penso fosse stata studiata nei minimi dettagli e poi posta in campo in modo esemplare; e non poteva essere diversamente, Cairo è un vero maestro del business. Anni ed anni alla scuola di Berlusconi e Dell’Utri hanno certamente fatto di lui uno dei massimi esperti italiani di trattative contrattuali, come, peraltro, poi dimostrato anche successivamente sui tanti affari conclusi, ultimo niente meno che il Corriere della Sera.
Quali furono i vostri pensieri intorno all’arrivo di Cairo?
Le poche ore trascorse tra la dataci comunicazione del suo arrivo ed il momento in cui lo incontrammo, furono caratterizzate da un nostro pregnante interesse verso di lui. Lo si immaginò parte del nostro progetto, l’uomo capace di ricoprire quel ruolo di socio di maggioranza che si era previsto nella costruzione societaria e di cui ho detto la scorsa puntata. Eravamo convinti di poter dialogare serenamente con lui per il completamento del nostro progetto. Unico elemento che ci lasciava un po’ perplessi era la sua non eccelsa forza economica; su quel ruolo immaginavamo di poter trovare, a partire da settembre, un investitore più importante. Di lui sapevamo solo che era alessandrino ed operava nel settore dell’editoria, con una sua società che, pur approdata cinque anni prima alla borsa di Milano, non era però tra le aziende leader del panorama economico italiano, visto che capitalizzava solo 375 milioni di euro; il nostro sogno, per restare nel mondo calcio, era infatti un personaggio con la forza economica di Della Valle, la cui società capitalizzava all’epoca 1,5 miliardi. Comunque, guardandoci negli occhi, io e Rodda ci dicemmo: “meglio un uovo oggi che una gallina domani” ed andammo ad incontrarlo speranzosi di poter costruire con lui quel grande Toro che avevamo in testa. Cinque minuti dopo averlo conosciuto cambiammo però opinione, intuimmo immediatamente che non sarebbe mai stato l’uomo di maggioranza da noi immaginato. Capimmo subito che il nostro progetto Toro, con lui, non si sarebbe potuto realizzare.
Cosa avvenne durante l’incontro pomeridiano del 17 agosto con Cairo?
L’incontro fu fissato presso l’hotel Ambasciatori di c.so Vittorio Emanuele II. Un incontro che Cairo stesso chiese a Rodda, il mattino davanti al Sindaco, fosse strettamente riservato e segreto. Rigorosamente obbedienti a tale richiesta di segretezza, Rodda ed io uscimmo dal mio studio separatamente e raggiungemmo l’Ambasciatori facendo un largo giro per le vie di Torino. Nessun giornalista ci seguì. Dopo 5, dico 5, minuti dal mio arrivo all’hotel, ricevetti la telefonata di Marco Bonetto di Tuttosport, che mi chiese a che punto era la trattativa con Cairo. Bella segretezza… mi venne quasi da ridere, ripensando al nostro girovagare per depistare i giornalisti. Fu il primo assaggio della storia dei giorni successivi.
Ad attenderci erano in tre: Urbano Cairo, suo padre e l’avvocato Gianni Trombetta. Seduti in un salottino dell’hotel entrammo subito in argomento. Noi a parlare, loro ad ascoltare. Gli illustrammo dettagliatamente lo stato della squadra, indicando i giocatori già contrattualizzati e quelli in attesa di contrattualizzazione, in quanto, durante l’incontro interlocutorio del mattino avanti al Sindaco, Rodda si era limitato a dare sommaria indicazione di massima sulla realtà societaria, lasciando a questo incontro il dettaglio. Avuta indicazione dei contratti sottoscritti e degli impegni già assunti ma in corso di formalizzazione, e su ciò testimone di quanto vado a dire è ovviamente il solo Sergio Rodda, Cairo ci chiese di non depositare alcun contratto in Lega e di non più sottoscriverne altri, né con giocatori né con dipendenti di altra natura. Saltai sulla sedia e vidi Rodda sgranare gli occhi, incredulo su quanto appena sentito. La mia risposta fu chiara ed immediata: tutti i contratti avrebbero seguito il loro corso ed altrettanto gli accordi già definiti, per quanto non ancora formalizzati. Per noi la parola data alle persone era sacra, non avremmo mai accettato di rimangiarcela. Ci lasciammo con l’impegno a riflettere su quanto detto e consegna, da parte nostra, dell’elenco completo dei lavoratori e dei giocatori contrattualizzati ed in via di contrattualizzazione operata quella sera stessa.
Da quel momento, pomeriggio del 17 agosto, iniziò quello che ho sempre definito il mantra di mezza estate, un mantra che fu snocciolato per giorni e giorni: “Datemi il Toro ma decido tutto io… non voglio accollarmi cose fatte da altri”. Un mantra che dal 18 agosto inondò pagine e pagine di giornali, con Cairo che ci accusava di avergli nascosto questi contratti.
E quando mai avremmo avuto occasione di nasconderglieli, visto che il 17 agosto era la prima volta che ci si vedeva… Una palese contraddizione, che però mai i giornali evidenziarono.
Ma non basta. Come poteva pensare Cairo che, arrivando sulla scena il 17 agosto, ovvero dieci giorni prima dell’inizio campionato, non vi fosse alcun contratto…
Ma non basta ancora. Dov’era Cairo quando da giorni su tutti i giornali venivano quotidianamente riportati i contratti che si erano sottoscritti con i giocatori…
Ma non basta ulteriormente. Come poté Cairo stupirsi dell’esistenza di contratti già da noi sottoscritti, visto che il giorno prima la squadra, composta da 17 giocatori, era partita per il ritiro di Giaveno, con l’evento strombazzato su tutti i giornali, tra cui un lungo articolo di Tuttosport (17/8/2005) ove si parlò, peraltro in termini molto positivi, non solo del ritiro, ma anche dell’organigramma delle giovanili…
Eppure ci trovammo pubblicamente accusati di aver sottoscritto contratti e di averli nascosti al lui. Un nostro modus operandi, assolutamente legittimo e assolutamente necessario, che venne pubblicamente rappresentato, sin da quel 17 agosto, quale sorta di nostra grave colpa, pur in presenza di fatti che oggettivamente rendevano ridicola l’accusa mossaci. Un merito, quello di aver allestito squadra e società mentre lui era al mare a Forte dei Marmi, che venne capovolto, nella comunicazione all’opinione pubblica, in colpa. Una situazione del tutto paradossale, però concretizzatasi sin dal giorno stesso di arrivo di Cairo ed a cui molti credettero… il potere mediatico non ha limiti. Un’accusa incomprensibile che diede la stura ad una forte pressione su di noi da parte di alcune aree della tifoseria, come poi concretizzatosi il 19 agosto al bar Norman, di cui parlerò nella prossima puntata. E quel 17 agosto fu uno degli ultimi giorni in cui potemmo far sentire pubblicamente anche la nostra voce; di lì a due giorni i media, quando ci andava bene, ci oscurarono ma, più spesso, ci denigrarono, con consolidamento di quel coro pro Cairo di cui ho già parlato. Il 17 agosto ci furono infatti lasciati spazi di replica su quanto avvenuto durante il “segretissimo incontro”, di cui tutto i giornali sapevano. In particolare su Tuttosport, che pubblicò una precisa dichiarazione di Rodda: “Non siamo noi a creare difficoltà. Non c’è un problema di soldi, ma solo di impegni reali o morali da rispettare con tante persone, per quel che ci riguarda. Noi siamo comunque pronti a continuare a trattare” (Tuttosport 18/8/2005).
E sul comportamento di Chiamparino?
Nel valutare il comportamento del Sindaco Chiamparino di quei giorni ho uso distinguere il Sergio Chiamparino persona fisica e tifoso del Toro dal Sergio Chiamparino Sindaco. Due diversi aspetti del suo essere che, a mio parere, hanno determinato, e non poteva essere diversamente, due suoi diversi modi di muoversi.
Al Chiamparino tifoso del Toro riconosco di aver cercato, in quel frangente, di salvare quanto meno in piccola parte il nostro progetto Toro, fondato sul basilare principio “mai più un padrone solo al comando”. Lo attesta pienamente quanto da lui riferito in un’intervista su Repubblica del 19/8/2015: “A Cairo chiederei tre cose. Che venga riconosciuto un ruolo a chi ha avuto il coraggio di gettare il cuore oltre l’ostacolo inscrivendo il Torino alla serie B con il Lodo Petrucci. In secondo luogo che si dia rappresentanza ai tifosi che hanno aderito all’azionariato popolare. Infine che si risolvano le questioni legate agli impegni già assunti dalla nuova società”. Quelle richieste restarono però lettera morta.
Al Chiamparino Sindaco riconosco la sua in allora necessità di avere, il prima possibile, un imprenditore economicamente importante alla guida del Toro, esternata con la famosa frase: “un treno come questo non passerà più…”. Una necessità che si fondava anche, e penso in modo pregante, sulla vicenda Stadio Comunale, su cui occorre dare qualche sommaria e sintetica informazione ai lettori, per rendere meglio comprensibile quanto avvenne.
Lo Stadio Comunale era stato dato a titolo gratuito al Torino Calcio, mentre lo Stadio delle Alpi era stato dato alla gobba, a fronte del pagamento di 25 milioni di euro. Il Torino Calcio, nell’ottenere la proprietà dello Stadio a titolo gratuito, si era però impegnato a procedere, a proprie spese, alla sua ristrutturazione, con obbligo di mettere a disposizione il manufatto ristrutturato per le cerimonie olimpiche del 2006. La somma stimata per l’intervento ristrutturativo fu di 18 milioni di euro, che, sulla base dei conti operati a livello comunale e portati nelle famose delibere stadi, pareggiava l’importo di pagamento posto in capo ai gobbi, ovvero circa 650 euro a seggiolino. Orbene, con il fallimento del Torino Calcio, l’onere di completarne la ristrutturazione, con le Olimpiadi ormai alle porte, ricadde sul Comune che, però, non aveva a bilancio la somma per provvedervi. Onere a cui Chiamparino si trovò a dover far fronte per circa 11 milioni di euro ed a cui fece fronte con non facili operazioni contabili e politiche in sala consigliare. Qualcuno si chiederà cosa c’entra ciò con Cairo. C’entrò, c’entrò eccome, quanto meno per il Sindaco.
Cairo, infatti, appena arrivato a Torino fece palesare un proprio preciso interesse, qualora acquisito il Toro, al subentrare nella posizione del Torino Calcio fallito, in riferimento all’acquisizione in proprietà dello Stadio Comunale. Sul punto, incontrovertibile fu la sua risposta alla domanda se gli interessasse lo Stadio Comunale: “Sì. Uno stadio di proprietà è la chiave del calcio moderno. Deve funzionare sette giorni, non solo uno, gestire il tempo libero e avere un ruolo economico e un’utilità sociale” (La Stampa 18/8/2005).
Una suo acquisto dello Stadio che avrebbe pianificato significative partite economiche di bilancio comunale ed avrebbe dato attuazione alla famosa delibera stadi in proprietà, prevedente uno stadio ai gobbi ed uno al Toro. Per il Sindaco ben più di una boccata d’aria pura… Quindi più che comprensibile ed anche condivisibile l’aspettativa su Cairo di Chiamparino Sindaco. Un’aspettativa comunale che ebbe anche precisi risvolti operativi, con l’immediata visita di Cairo e dei suoi tecnici sul cantiere stadio, accompagnati dall’allora assessore Paolo Peveraro.
Acquisito il Toro, però Cairo cambiò idea o il Sindaco Chiamparino in allora intuì male le sue intenzioni, fatto sta che nulla avvenne. Lo Stadio Comunale restò in proprietà del Comune, con il Toro mero affittavolo del medesimo. In conclusione, mi sento quindi di affermare che Chiamparino tenne un comportamento sicuramente improntato a correttezza nei nostri confronti ed, al tempo stesso, seppe coniugare il suo essere tifoso con il suo esser Sindaco, cercando di salvaguardare sia la città che il Toro e, con il Toro, il nostro lavoro ove possibile, come ben emerge dalla dichiarazione che ho su riportato tra virgolette. Forse anche Chiamparino, in quei giorni, fu travolto dagli eventi e dalle strategie comunicative poste in essere da Cairo, ma questa è cosa a cui solo lui può rispondere. Ho però preso atto che, mentre prima dell’arrivo di Cairo le partite del Toro registravano sistematicamente la presenza di Chiamparino allo stadio, in questi ultimi tredici anni le sue presenze si son più che rarefatte, come quelle di molti altri tifosi. Non so se ciò significa qualcosa, ma è un dato di fatto che ho riscontrato.
La trattativa come proseguì?
Gli aspetti di ciò che venne indicata come trattativa, ma trattativa di fatto non fu, li affronterò nelle prossime puntate, oggi ho voluto solo fare il punto sul 17 agosto. Concludo quindi richiamando quanto da noi affermato pubblicamente dopo il primo incontro, in un’intervista su Repubblica: “Ogni società è bene che abbia una maggioranza ed una minoranza. Vogliamo mantenere almeno il 20% della società. E’ necessario rispettare gli impegni già presi dalla società. Vogliamo garantire la rappresentanza dei tifosi nella società” (Marengo). “Abbiamo già firmato dei contratti e non si può pensare di salire su un treno in corsa staccando la locomotiva” (Rodda). Un’affermazione che chiarisce i paletti di minima che avremmo voluto porre alla trattativa per il bene del Toro.
Grazie per questa rubrica che seguo con interesse particolare dato il valore che la stessa ha avuto nell’impresa di salvare il nostro amato Toro,diventato mucca da latte da circa 13 anni.Grazie per averci creduto e avere cullato un sogno.Sarebbe stato il Toro ideale che si identifica nella sua gente con… Leggi il resto »
i gobbi son tranquilli,normalizzazione,fin ad’ora al decimo posto,uno speculatore che fa affari con loro,e anche grazie a loro,issato a livelli eccellenti. ma qui qualcuno nega che il proprietario del torino fc faccia affari con loro,per poi scomparire quando si chiede di comparare i successi editorial commerciali dell’avido speculatore con quelli… Leggi il resto »
noto che il melenso salottino fucsia persevera..