L’altro giorno, finalmente 300 granata han saputo far sentire questa loro voce tonante, a coprire quel silenzio ridondante

La contestazione de visu e non solo social è finalmente iniziata, ed è iniziata così come doveva essere, con la Maratona che si è riappropriata del suo storico ruolo guida del tifo organizzato. Ora, l’augurio che tutti noi fratelli di fede ci facciamo, è che quel ruolo guida a cui la Maratona è tornata, sappia e voglia divenire tale per e con tutte le altre realtà organizzate, ponendo nel cassetto diatribe di cui non ho conoscenza, come è giusto che sia non appartenendo io a quel mondo ultras. Un modo però che, e sarà per giovanile appartenenza, stimo ed apprezzo per la sua capacità di mai far mancare il sostegno alla squadra e, quando è ora, far sentire quella propria voce tonante e critica che tante volte ha saputo dare la giusta svolta alle cose negative di casa granata. E quando parlo di mondo ultras, scusatemi se del caso l’eventuale ignoranza sulla geopolica della tifoseria che mi porta a dire ciò, intendo tanto gli ultras che gli hooligans. Sia la curva che canta, che quella che ora non è più muta e canta anch’essa. 

L’altro giorno, finalmente 300 granata han saputo far sentire questa loro voce tonante, a coprire quel silenzio ridondante che da troppo tempo era divenuto normalità, nonostante una società verso cui non mancavano certo tanti, tantissimi motivi di contestazione. E se mi ha dato immenso piacere vedere quei trecento su via Spano, non altrettanto posso dire sul gruppo rinchiuso dentro il cortile dell’impianto sportivo, che non chiamo Fila perché, se questo è l’uso che ne fa la società, non è certo il nostro Fila. Che squallido spettacolo han infatti dato, dietro le sbarre, giocatori, tecnico e direttore tecnico. Partendo da Giampaolo, peraltro uno dei minori colpevoli del disastro in corso, che ha saputo tratteggiare a “faccia da sprezzante duro” il suo viso, ma non ha saputo dire una parola che sia una a chi, giustamente, si limitava a far valere il proprio diritto di tifoso di non voler la retrocessione.  

Certo, forse non toccava a lui dire quanto i tifosi volevano sentirsi dire; magari avrebbe dovuto dirlo quel direttore tecnico a nome Vagnati che, a tutt’oggi, sappiamo esistere solo per l’esibizionismo modaiolo ed il golpe operato nelle giovanili, con imposizione, a scavalco della linea di comando, di un suo allenatore per la Primavera. Però quelle parole dette da lui sarebbero forse state poco comprensibili… vista la sua non certo eccelsa conoscenza del mondo granata, già ampiamente dimostrata allorché non riconobbe, né nel nome né nei fatti, una delle nostre leggende. 

Passati questi primi due, arriviamo poi al soggetto che, quale unico destinatario della contestazione, avrebbe dovuto, per primo ed a prescindere da ogni altro, parlare ai tifosi: la società. Una società invece muta e latitante. Non dico il cav.Urbano, che amici milanesi mi indicano ancor alle prese con i postumi Covid, ma almeno uno dei cinque membri del CdA sarebbe dovuto esser presente… altrimenti a qual titolo vengono retribuiti con i soldi societari, sia tanta o poca la moneta che si insaccocciano. Totalmente silente anche il direttore generale Antonio Comi, che peraltro era presente ma a cui, forse, il suo animo granata gli ha impedito di andar a recitare, per l’ennesima volta, la commedia delle balle impostagli dalla società E se non bastassero questi assordanti silenzi, si son registrati pure quelli di tutti i responsabili della comunicazione: Piero Venera (Resp. Ufficio Stampa), Andrea Canta (Ufficio Stampa), Andrea Santoro (Social Media Manager), ovvero di chi è pagato dalla società proprio per comunicare. 

Eppure, ci voleva ben poco a venire là davanti al cancello, non per cercare di indorare la pillola velenosa con vacue e ormai consolidate balle, ma, con quell’umiltà che purtroppo è sconosciuta al comandante del convoglio oggi in linea di deragliamento, per chiedere semplicemente mille ed ancor mille volte scusa ai tifosi, perché, se vi  è dell’incontrovertibile vero in quanto avvenuto in via Spano, questo sta nel fatto che sulla pubblica via vi erano i portatori di sola ragione, mentre, asserragliati dietro il cancello di un simbolico carcere dalla società stessa creato con la sistematica chiusura di quelle sbarre, vi erano, senza se e senza ma, i colpevoli di un disastro sportivo sotto gli occhi di tutti, al pari dell’averci reso barzelletta nazionale.  

E sì, caro Giampaolo, quella faccia un po’così, quell’espressione un po’così, che hai da duro mentre guardi noi, magari usala guardando Meitè o Rincon, Lyanco o Verdi… ma non usarla mai più per guardare quei tifosi che ti pagano lo stipendio e ti consentono di fare il più bel lavoro al mondo. Persone a cui dovresti solo ed esclusivamente chiedere scusa sette volte sette, per quello che stai, unitamente a tutti i giocatori quali complici della società, facendo patire di partita in partita a chi ama la maglia granata. 

E poi un pizzicotto al meno colpevole di tutti per il fallimento che ci è stato riversato addosso: il Gallo Belotti. E sì, caro capitano, per essere non solo il più bravo dei giocatori in campo quale sei, ma anche un vero capitano con la c maiuscola, avresti dovuto essere addirittura davanti a tutti gli altri e, quale Capitano dell’intera rosa, chiedere scusa a nome di tutti i giocatori. Nessuno ti avrebbe fischiato perché sei rimasto l’unica speranza per evitare un’infausta retrocessione, ma avresti certamente aumentato il rispetto che tutto il mondo granata ti deve per quanto fai sul prato, unendolo a quanto avresti dimostrato di saper fare anche fuori dal prato.  Ti assicuro che Giorgio Ferrini, il Capitano dei capitani, sarebbe anche andato sulla pubblica via per parlare con i suoi tifosi senza cercare la protezione di quelle ridicole sbarre. Sbarre che servono non a proteggervi (da cosa poi?) ma ad allontanarvi sempre più dal mondo granata, che è la ragione per cui siete quel che siete di portafoglio e notorietà. 

Caro Gallo, te lo suggerisco da tifoso che ti stima ed apprezza come giocatore e come uomo, evita di assecondare il mutismo e la latitanza di una società (intesa ovviamente come ditta individuale Cairo) che definire ormai oltre alla frutta e solo degna della damnatio memoriae (in italiano: da cancellare dalla memoria) et damnatio ad metalla (in italiano: con condanna ai lavori forzati per i responsabili) è ancora poco. Facendolo rischi di affondare con loro. Sii capitano vero, sii uomo dei tifosi prima ancora che uomo di Cairo… son certo che ciò ti porterebbe ad unire il tuo nome ai grandi Capitani della nostra storia. 

Chiudo questo lungo post augurandomi ed augurandovi che la contestazione continui e cresca sempre più al Fila, poi allo stadio quando verrà riaperto, per finire, post emergenza Covid, magari in pazza Solferino, con una grande manifestazione di massa a rivendicare il diritto di riavere il Toro, davanti al locale ove fu fondato nel fumo dei sigari e con sottofondo di rutto da birra la notte del 3/4 dicembre 1906. Una manifestazione che dovrà avere il nucleo centrale posto sul tifo organizzato di curva e suo citoplasma in tutti quei tifosi riuniti nei club italiani ed esteri (grandissimo quello di Tenerife) o svincolati da ogni appartenenza, ma che vivono la partita in tribuna o distinti con lo stesso patos di chi la vive nelle curve. Nucleo e citoplasma nel loro insieme devono tornare ad essere quella magnifica cellula, forte e vitale, che sino a quindici anni addietro fu il mondo toro. 

Una manifestazione che, dimostrando all’intero mondo pallonaro quanto sia ancor forte e vitale quello granata, pur in presenza di una società (e squadra) indegna di indossarne i colori, farà capire a Cairo, nonché a suo padre ed a suo figlio direttamente responsabili del disastro quali membri del CdA, che devono andarsene da Torino e dal Torino, mettendolo in vendita, nelle forme e modi oggi propri per le cessioni di quote di comando delle società di una certa valenza economica o d’immagine. Se poi il cavalier Urbano ha bisogno di una consulenza su quale primario rainmaker italiano potrebbe gestire ad alto livello la vendita del Torino F.C., gliela regalo seduta stante: Filippo Troisi, Stefano Simontacchi, Francesco Gianni, Sergio Erede, Bruno Gattai, Carlo Croff, Federico Sutti, Roberto Cappelli, Francesco Gatti, Giuseppe Lombardi, Francesco Sciaudone, Carlo Pedersoli. 

Voler vendere il Torino F.C. da parte di Cairo vuol dire venderlo, non volerlo fare, vuol dire bloccare sul nascere ogni possibile serio approccio di trattativa, lasciando spazio solo a venditori di illusioni in cerca del quarto d’ora di notorietà mediatica. Una manifestazione quindi necessaria e dovuta, ove l’urlo che accomunerà il tifoso di balconata a quello di tribuna, o quello di curva laterale o di primo anello a quello dei distinti sarà uno solo: CAIRO VATTENE. 

Una mia speranza. Credo proprio di no, dopo i numerosi flash mob precedentemente posti in essere da centinaia di fratelli della Primavera, penso che la discesa in campo dei fratelli della Maratona abbia segnato un confine da cui non si torna più indietro. Ora sta anche a noi, tifosi singoli delle più svariate appartenenze, far sì che queste due neonate contestazioni assumano un’autentica unitaria dimensione di massa, in cui anche la tribuna avrà voce e non solo poltrona e i distinti non staranno zitti. E son certo che molti, moltissimi risponderanno all’appello da tutta Italia, quando le condizioni sanitarie renderanno possibile l’occupazione di un’intera piazza per dire: RIVOGLIO IL TORO. 

Io, la mia faccia per il Toro, per quanto può contare, la metterò come l’ho sempre messa e non solo non disdegnerò di metterla al fianco del mondo ultras, ma sarò onorato di farlo e, come me, penso la metteranno molti altri, compresi ex calciatori. Sarà anche l’occasione per vedere se certi soggetti, spacciati per tifosi vip (opps mi sovvien il nome chiambretti), saranno al nostro fianco… 

Filadelfia, confronto squadra tifosi
Filadelfia, confronto squadra tifosi
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ultimo aggiornamento: 11-12-2020