Il ragazzo spagnolo folgorato dalla Maratona e l’ex bambino siciliano invecchiato girando l’Italia per i colori granata
Caro Toro, mi mancavi troppo per non scrivere di te. Sono successe e cambiate tante cose dall’ultima volta, e tante ancora ne succederanno e cambieranno. Per questo voglio provare a raccontare qualcosa che non cambia mai, anche se è sempre nuova. Voglio provare a raccontare la passione per i tuoi colori, e come essa nasca nei momenti e nei posti più impensati, e non sia legata quasi mai a storie di successo o vittorie roboanti. Voglio provare a raccontare i tuoi tifosi, con un occhio di riguardo a chi si è innamorato di te stando lontano, o arrivandoci quasi per caso, rimanendo folgorato. Voglio iniziare con due storie molto diverse, per tanti versi opposte, ma in fondo simili.
DAL CAMP NOU AL GRANDE TORINO
Daniel ha 24 anni, è nato nella provincia di Girona, in Spagna, ma vive e lavora a Barcellona. Come gran parte dei suoi coetanei di quelle parti – e buona parte di tanti appassionati in giro per il mondo – tifa Barcellona. Come non capirlo, in fondo: la squadra di Messi, Neymar e Suárez, il club che è mès que un club, la formazione più vincente degli ultimi anni. Daniel però ha una collega italiana, una ragazza di Ciriè che vive e lavora a Barcellona da tanto tempo. Si chiama Laura, e tifa Toro. In ufficio Laura parla spesso della sua squadra del cuore, e col tempo l’ha fatta diventare simpatica a molti suoi colleghi.
Qualche settimana fa Daniel ha deciso di fare un viaggio a Torino con la sua fidanzata. Voleva vedere la città. E voleva vedere il Toro. Quando qualcuno ti parla di qualcosa in modo appassionato non puoi non volerla vedere da vicino. Quella di Daniel era curiosità, ma quando ha visto che in quel weekend il Toro giocava in casa è voluto andare allo stadio. Lui, tifoso del Barça, ha scelto di andare a vedere la squadra di Torino di cui si parla di meno nel mondo. Poiché il destino tifa Toro e quest’anno pare un po’ meno cecato del solito, quel sabato era quello della partita col Cagliari. Quando il lunedì Laura è tornata in ufficio ha trovato sulla sua sedia una maglietta di Hart. Gliel’aveva portata Daniel, completamente ubriaco di Toro. Aveva passato il giorno prima a mandarle messaggi entusiasti sul clima allo stadio, sulla curva che cantava, sulle famiglie che circondavano lui e la sua ragazza, sui tifosi granata impazziti per Belotti e in delirio per Maxi Lopez. Domenica Daniel girava per Torino con la sciarpa granata al collo, e a chi gli chiedeva se avesse visto la partita rispondeva: “Sì, espetacular! Yo soy de Barcelona!”. Laura mi ha raccontato che lunedì saltava in ufficio urlando “Cuore granata! Cuore granata!”. Dal Camp Nou al Grande Torino. “La prossima volta a Superga”, ha promesso il nuovo tifoso granata, abituato alla perfezione del Barça e già pazzo per la passione del Toro.
DA MESSINA A TORINO
Paolo ha 80 anni, vive a Messina da quando è nato e quando era bambino giocava a calcio sulla terrazza di casa con i suoi sei fratelli, tutti maschi. Ognuno di loro aveva scelto una squadra, e si sfidavano per ore in un torneo infinito, interrotto soltanto, negli anni della Guerra, dalle sirene che annunciavano i bombardamenti. Paolo aveva scelto il Torino, ma come per tutti noi in realtà era il Torino che aveva scelto lui. Il granata gli si conficcò nel cuore come un innamoramento improvviso e vero, diventando strazio un pomeriggio di qualche anno dopo: Paolo aveva 13 anni, e alla fermata dell’autobus sentì alcuni passanti parlare di un aereo caduto a Superga.
Lo ricorda ancora oggi, e lo racconta a chi gli chiede perché tifa Torino a Messina, in Sicilia. Lo ha raccontato per una vita intera ai suoi tre figli, tutti del Toro come lui. Da quel giorno Paolo non ha voluto mettere piede su un aereo, eppure ha girato e gira l’Italia per seguire la squadra in cui si immedesimava sulla terrazza di casa da bambino. Lo abbiamo visto tutti durante la vittoria a Palermo di quest’anno. Le telecamere lo hanno inquadrato più volte: un uomo anziano appoggiato alla balaustra del settore ospiti, granata dalla testa ai piedi. Passando per il cuore.
Ho scoperto la sua storia pubblicando su Twitter la sua foto: “Voglio abbracciare quest’uomo”, ho scritto. “Quest’uomo è mio padre!”, mi ha risposto orgoglioso il figlio Carmelo, anche lui di Messina e cuore granata.
Voglio abbracciare quest’uomo, stasera nel settore ospiti di #PalermoTorino pic.twitter.com/7vygpwmYHf
— Piero Vietti (@pierovietti) 17 ottobre 2016
@pierovietti Quest’uomo è mio padre… Paolo Chillè anni 80 di Messina, cuore granata da sempre…
— Carmelo Chillè (@chlcml) 17 ottobre 2016
Paolo è socio fondatore del Toro Club Sicilia Granata, e non si perde un solo evento organizzato dal club, fosse anche una cena a Trapani, lontana 4 ore di viaggio: lui si organizza con pullman e auto e va. Come quella volta a Palermo per don Aldo Rabino. Lo stesso per le trasferte, che ha fatto e fa in tutta Italia. Era anche a Crotone, domenica pomeriggio, la sua foto circolava sui social network in questi giorni. “Ti dovevi sposare con il Torino – lo prende in giro da sempre la moglie – e con la bicicletta”, sua altra grande passione. Ha tirato su i figli a suon di 90° minuto e “Tutto il calcio…” ascoltato in radio.
I ragazzi del club siciliano lo chiamano zio Paolo, e lo stanno ad ascoltare per ore: ha un aneddoto su tutto, ricorda a memoria intere formazioni degli anni passati, sa persino che fine hanno fatto gran parte dei ragazzi passati dal Settore giovanile. E’ andato a Superga mille volte, è stato al Fila, al Museo, in quasi tutti gli stadi. Domenica scorsa a Crotone il settore ospiti era pieno e bellissimo, ma Paolo c’era anche quando anni fa su quegli stessi seggiolini i tifosi granata erano in dieci.
Come ogni amore che si rispetti, quello di Paolo per il Toro è cieco: mentre tornava a casa sul traghetto, domenica sera, il figlio Carmelo al telefono gli ha detto che il gol di Belotti era in fuorigioco e che forse c’era un rigore non dato contro di noi. Paolo è andato su tutte le furie, come ogni volta che un arbitro fischia qualcosa contro di noi: “Menzogna!”. Il figlio Carmelo ne parla con gratitudine, come di uno che ha saputo trasmettergli nel dna la fede granata, cosa che lui ha fatto con il suo, di figlio, addirittura “battezzandolo” in un triste Torino-Triestina di qualche anno fa, partendo dal caldo di Messina per finire nel freddo Delle Alpi di Torino.
La prima volta che Carmelo vide il Toro dal vivo fu in un derby di oltre trent’anni fa. Usò il suo primo stipendio per viaggiare fino a Torino. Quella partita la vinsero gli altri 2-0, ma è un dettaglio di poca importanza. Quando Carmelo entrò al Comunale rimase senza fiato: la curva Maratona da vicino, le maglie granata del vivo non furono altro che la conferma di quello che suo padre Paolo gli aveva passato nel dna. E pensare che tutto era iniziato su una terrazza a Messina durante la Guerra.
Bravo Vietti, sei mancato. Sempre belli i tuoi articoli.
Bel pezzo!
Io, da “povero” tifoso granata ho letto questo articolo respirandone l’aria e lo spirito profondo di cui è intriso, qualcun altro, ricco di conoscenze e retropensieri, ha preferito utilizzarlo come seduta psicanalitica gratuita. Questione di gusti. FVCG