Esclusiva / Paolo Pulici: “Spero che i giocatori di adesso capiscano cosa vuol dire essere del Toro e prendano un po’ della nostra mentalità”
Indiscusso bomber del Torino, re dei derby con la Juventus. Paolino Pulici è tutto questo, nella memoria dei tifosi granata. Questa sera, Puliciclone sarà ospite al Gran Galà Granata e, sul palco, porterà tutti i suoi ricordi. Toro.it lo ha intervistato in anteprima per voi. Ecco cosa ci ha detto.
16 maggio 1976, dal giorno in cui il Toro ha vinto il suo ultimo scudetto sono passati 42 anni: qual è l’immagine che le è rimasta impressa?
Quella giornata è stata particolarissima. Prima immagine, quando siamo usciti dallo spogliatoio. Lo stadio stracolmo, nel vero senso della parola. Poi il gol: quando mi sono alzato sono volato ed era come se lo stadio mi tenesse sù. Sono episodi che quando si vivono hanno un valore enorme. Speriamo che questi ragazzi capiscano cosa vuol dire essere del Toro prendano un pochettino la mentalità che avevamo noi perché non è mai un giocatore che vince la partita ma tutta la squadra insieme ai tifosi. Senza i tifosi non si va da nessuna parte, lo dico anche ai bambini. Noi giocatori senza tifosi non siamo nessuno. Bisogna tenerli vicini, saperli ascoltare e cercare di farli divertire.
Il Fila è rinato ma negli ultimi tempi spesso è rimasto chiuso
Noi avevamo qualcosa di particolare, giocavamo nello Stadio di Quella squadra. Erano gli spogliatoi che usavano loro. Quando facevo quel tutti mi sentivo osservato da Loro. In campo dovevi dare il massimo per cercare di imparare il più possibile e la domenica vincere la partita. Il fatto che non c’è più quel contatto diretto con i tifosi, si perde un po’ quella caratteristica dell’essere del Toro. Anche perché il tifoso difficilmente ce l’ha con i giocatori, cercherà sempre di aiutarli il più possibile. E questa non è una cosa che avevamo solo noi, ce l’hanno anche oggi e la dimostrazione c’è. Guardiamo l’Inghilterra o la Germania: hanno stadi stracolmi e nessuno fa allenamento a porte chiuse anche perché non ce ne sarebbe il motivo. Se devo capire come gioca una squadra vado a vedere le partite, non gli allenamenti. In settimana si provano tante cose che poi la domenica magari si fanno una volta sola. Però bisogna entrare nella testa di queste persone per capire certe scelte.
Oggi c’è un entusiasmo sempre minore. Che idea si è fatto?
Il contatto è importante: noi quando giocavamo non avevamo meno di 40 mila persone, oggi è difficile arrivare a 10 mila. Qualcosa tra la società e i tifosi è venuta a mancare e il motivo non è che manca la voglia del tifoso di andare allo stadio. C’è qualcos’altro che bisogna capire ma da fuori diventa difficile. Bisogna essere dentro. Noi eravamo consci che un aiuto in più i tifosi ce lo davano. Quando si diceva che la Maratona era il 12° uomo in campo era la verità.
Consiglierebbe a Belotti di restare ancora al Toro?
Oggi di giocatori che restano tanti anni in una società ce ne sono pochi. Una volta facevi la tua vita calcistica in una società. I tifosi sapevano vita morte e miracoli e noi sapevamo cosa ci chiedevano. Belotti ha avuto un anno sfortunato ma capita a tutti. Io se devo guardare quando ho cominciato ho fatto 26 partite senza un gol. Sono andato avanti, ho cominciato a giocare come dovevo ascoltando i miei compagni e a capire come dovevo fare a fare gol. Io a Belotti consiglio di restare: ne abbiamo visti tanti andare via e fare poco. Se lui ha voglia di rimanere e dimostrare di essere il Belotti dell’anno passato ben venga e sono convinto che i tifosi sarebbero contenti di questa cosa.
Lei è l’uomo derby. Quale ricorda con maggior piacere e quale gol le è rimasto impresso?
Io ho avuto la fortuna di perderne pochissimi, credo 5 su 26. È una grande soddisfazione per me ma anche per i tifosi. Il derby più bello? Sono tutti belli quando si vince, soprattutto quando ti danno per battuti in partenza. Forse il gol che ricordo di più è quello che amano anche i tifosi: il pallonetto a Zoff da quaranta metri. Ce ne sono tanti imprevedibili e quando si fanno gol così anche i compagni mi chiedevano come faceva. Io rispondevo che tiravo in porta e il portiere non poteva prenderla.
I nuovi pro carioti soft che sono colorati dentro, assomigliano alle subroutine di controllo del film MATRIX, programmi di controllo che alle volte per la la legge dell’inverso del raggio al quadrato, acquisiscono consapevolezza propria. Dimenticando che servono a che la matrix stessa esista. Sono i programmi controllori che si… Leggi il resto »
Quando leggo le dichiarazioni di quest’uomo, rimango sempre a bocca aperta, mi rapisce.. provo la stessa sensazione che prova un bambino davanti a una vetrina di dolci …
assolutamente!…con tanto di lacrima al solo pensiero
Ho messo la mia formazione ideale, se volete mettere la vostra…
Ciao Maddè,formazione perfetta,io però cambio Vieri con Castellini e Agroppi con Policano…..