Il fischio di Gervasoni ha ricacciato in gola a Maxi Lopez (e a tutti i tifosi) l’urlo di gioia per una rete che avvicinava di molto il Toro al sogno europeo. Errore tecnico o suggerimento sbagliato da parte del giudice di porta Ghersini, il danno è ormai fatto. Ma gli appassionati di calcio sono condannati a sopportare gli sbagli (in buona fede o meno) delle giacchette nere o le possibilità che offre la tecnologia potrebbero essere la fine di tutte le polemiche? Lo abbiamo chiesto ad Angelo Bonfrisco, ex fischietto in serie A dal ’93 al 2001.

Buonasera Bonfrisco. Era davvero fallo quello di Maxi Lopez?
Mi è parso un gol assolutamente regolare. Non c’era nessun fuorigioco iniziale, come qualcuno aveva ipotizzato, né un intervento falloso del giocatore del Torino. Qualche domenica fa una rete identica fu annullata ad Antonelli del Milan e anche quello fu un errore del direttore di gara. Mi è sembrata una normalissima situazione di gioco in cui l’attaccante anticipa il difensore e se il contatto c’è, avviene nel momento della discesa, dopo che Lopez colpisce il pallone. Spinte non ce ne sono.

Anche Gervasoni sembrava averla pensata così, poi è arrivata l’indicazione del giudice di porta…
Non capisco perché, dato che è nella posizione peggiore per giudicare un’azione del genere. Tra lui e Maxi Lopez si frappone il difensore e quindi non può vedere con chiarezza la dinamica. Inoltre le linee guida europee, come per il fuorigioco, dicono chiaramente che in casi dubbi, meglio lasciar giocare e convalidare il gol.

Si può considerare fallito l’esperimento dei giudici di porta?
L’obiettivo iniziale era quello di avere a disposizione due persone in più per giudicare episodi dubbi, ma sono esseri umani, per cui molto spesso hanno creato più confusione che altro. Dovevano aiutare l’arbitro per i gol/non gol e nel fischiare i rigori. Nel primo caso, abbiamo visto tutti che non sono serviti, perché la velocità del pallone e i rimbalzi a ridosso della linea sono stati spesso giudicati male, con gol regolari non assegnati e addirittura reti mai segnate convalidate. Anche sui rigori qualche perplessità rimane, perché invece che individuarne qualcuno in più, secondo me in questa stagione ne mancano parecchi.

La tecnologia li soppianterà?
Non ne sarei così sicuro. Una federazione seria dovrebbe stilare un bilancio del loro operato a fine anno: quanto sono costati, quante volte sono intervenuti e in quante occasioni hanno sbagliato valutazione. Ma credo invece che l’AIA abbia ormai parametrato il suo organico includendo anche i giudici di porta.

In che senso?
Mi spiego: mantenere i giudici di porta, vuol dire posti di lavoro in più. E non credo che i vertici arbitrali vogliano tornare indietro in questo senso. L’unica cosa che verrà introdotta, come già annunciato, è la Goal line technology. Sarà un grande aiuto per i direttori di gara.

La moviola in campo quindi resterà una chiacchiera da bar e salotti televisivi come è stata negli ultimi vent’anni?
Ho iniziato il corso da arbitro negli anni ’80 e già se ne parlava. Non credo verrà mai adottata, ma l’istant replay potrebbe essere un passo intermedio a cui pensare concretamente. Da usare, come fanno in tanti altri sport, solo per gli episodi clamorosi e per un massimo di due volte a partita.

A proposito delle polemiche che gli errori arbitrali causano, lei sarebbe d’accordo nel far parlare con i media i diretti interessati?
Assolutamente sì. Vedere e ascoltare un arbitro che spiega la sue decisioni (non tutte, ovviamente) sarebbe di grande giovamento per tutti. Capita che in campo un giocatore impalli la visuale e l’arbitro non veda. Basterebbe ammetterlo e, con anche la conferma dei vari replay, i tifosi accetterebbero più serenamente una eventuale decisione sbagliata. Invece tacere lascia sempre il dubbio della cattiva fede. Sarebbe il modo ideale per fare la reale tara dell’errore.

Il livello dei fischietti italiani è migliorato o peggiorato negli ultimi anni?
Nel nostro campionato abbiamo sicuramente dei direttori di gara competenti e tecnicamente validi, tant’è che 10 su 20 sono internazionali. All’estero infatti si comportano sempre molto bene.

Questo cosa vuol dire? Che fuori dai confini nazionali è più facile arbitrare?
In un certo senso sì e per due ragioni. La prima è che i giocatori si comportano diversamente, sono più rispettosi, cercano meno di imbrogliare e rendono la vita più facile a chi deve decidere. La seconda è la minor pressione mediatica. Le polemiche si esauriscono immediatamente, non durano settimane intere. L’insieme di questi aspetti fa sì che l’arbitro si trovi in un contenitore più neutro, quindi riesca ad emergere per le sue capacità. Altrimenti non avremmo avuto un italiano a dirigere la finale di Champions League e un altro nella finale dei Mondiali.

Colpa della mentalità italiana quindi?
Diciamo che da noi gli episodi si trasformano in casi, poi in polemiche e diffidenze che durano settimane, se non anni. Sarebbe difficile per chiunque lavorare con una tale pressione addosso.