Doveva essere l’uomo in più, l’acquisto più lodato e anche più costoso; e invece si è trasformato nell’uomo in meno. Juan Sanchez Miño sbarcò a Torino un anno fa di questi tempi con credenziali importanti: esterno mancino offensivo in ottica Selección, nelle ultime stagioni era stato un punto di forza del Boca Juniors, in cui aveva disputato nell’ultimo anno 31 partite con quattro gol e otto assist. Un curriculum importante, che indusse Cairo all’investimento pesante (3,2 milioni di euro) e a un lunghissimo incastro che durò per tutta l’estate, il quale portò il centrocampista a ottenere il passaporto italiano, unica via per il tesseramento suo e di Peres, in contemporanea. Non sempre però le credenziali corrispondono poi al rendimento tant’è vero che Sanchez Miño visse un inserimento lento seguito da un accantonamento rapidissimo.
Le qualità c’erano tutte, non sempre, però, abbinate a un buon posizionamento in campo o a quell’atteggiamento necessario per diventare da giocatore di prospettiva, a buon giocatore, financo determinante. Ha incantato, durante il ritiro. Ma fu anche sfortunato, l’argentino, che accostò il proprio nome ai momenti più difficili della stagione granata, dalla sconfitta interna contro il Verona ai ko capitolini contro Lazio e Roma, fino al capitombolo interno contro il Sassuolo. Quel 23 novembre fu una domenica nerissima, per Juan: si fece parare sotto la Maratona un rigore da Consigli, fu fischiato al momento della sostituzione e si ritrovò appiccicata l’etichetta “Sanchez Minimo”. E finì tutto lì: da quel momento collezionò un minuto (quello fatale) nel derby d’andata e una panchina contro il Palermo prima di finire nel dimenticatoio. Tanto che la cessione con strascico polemico all’Estudiantes fu la conclusione logica di una parentesi anonima. E, in definitiva, insufficiente.
Juan SANCHEZ MINO
VOTO: 5.5
PRESENZE: 14
GOL: 0