L’esperienza, da calciatore, non gli è mancata di certo. Quella da direttore sportivo la sta facendo, passo dopo passo, anno dopo anno. E dopo l’esperienza semestrale al Catania, Daniele Delli Carri è tornato sul mercato (“una scelta di coerenza: pur avendo un ottimo rapporto con Pulvirenti e Cosentino, e con i tifosi, vedevo che le mie idee non collimavano con quelle degli altri. Non avrebbe avuto senso continuare”), e resta in attesa di una sistemazione. E da addetto ai lavori, Delli Carri fa il punto della situazione sul Torino, su come la squadra ha chiuso la stagione e sul mercato che sarà, soprattutto quello dei giocatori granata più appetiti, con qualche piccolo retroscena.

Direttore, una stagione intensa per il Torino: migliore o peggiore rispetto a quella dello scorso anno?
Grandissima, a mio avviso. Esaltante. Al di là del fatto di non essere approdata in Europa, cosa che ci può anche stare, la squadra di Ventura ha saputo ristabilirsi dopo un avvio tutt’altro che brillante. Alla fine ci si deve ritenere altamente soddisfatti per quanto è stato fatto: non è stata una cosa da poco.

E oltre ai risultati, sono stati valorizzati molti giocatori, soprattutto i difensori.
Ventura sa lavorare benissimo con le retroguardie, anche perché ha un sistema di gioco che lo permette. Ma Ventura è anche un eclettico: l’anno scorso lavorarono benissimo, per esempio, gli attaccanti. Il Torino deve tenerselo stretto, e continuare a programmare con lui. Se i giocatori granata oggi sono appetibili, gran parte del merito è suo: tra Peres, Maksimovic e Darmian Cairo può monetizzare davvero molto.

E Glik?
Io lo cederei soltanto se avesse un’opportunità davvero molto, ma molto, molto importante. Ma anche per una questione personale, legata alla sua carriera. Se Glik fosse cercato da un Manchester City, o squadre simili, sarebbe giusto, altrimenti è decisamente meglio restare. Ha grandissime qualità, è migliorato molto grazie al sistema di gioco e ai dettami di Ventura ma, e sono sincero, non mi aspettavo questo exploit. Sarebbe troppo facile dirlo ora, non tutti scommettevano su una crescita di questo tipo, così esponenziale.

 

A differenza di Darmian, l’alto pezzo pregiato che tiene i tifosi con il fiato sospeso.
Sì, in effetti di Matteo si parlava bene sin da quando era molto giovane. Lo stavo per acquistare, quando era a metà tra Palermo e Milan, nella stagione 2010/2011: lo seguivo sin dalla Primavera e mi era sempre piaciuto molto. Di lui, sì, posso dire che me l’aspettavo. Perché non venne a Pescara? Fu una questione economica, principalmente.

Invece dal Torino, quest’anno, ha acquistato Gillet per il Catania. È stata una trattativa complicata?
Relativamente, ma alla fine ha prevalso la volontà del giocatore, che non si sentiva parte integrante del progetto Torino: era in scadenza, voleva cambiare maglia. Ho avuto il piacere di conoscerlo, è un ottimo ragazzo, con grandi qualità. Può ancora fare bene con gli elefantini.

Avrebbe acquistato qualcuno dal club granata, se fosse rimasto a Catania?
Ero intenzionato a chiedere Barreca. Mi ha colpito molto: un terzino così giovane ma con così tanta personalità è raro da trovare. Ha disputato un’ottima stagione a Cittadella, ma il Toro ha dei giocatori davvero molto interessanti nella serie cadetta. Ed è anche giusto così: la storia non si può dimenticare, e far rifiorire il vivaio granata ha un valore intrinseco davvero molto alto. I giovani, a Torino, per il Torino, hanno sempre significato molto.

Anche perché il calcio versa in condizioni disastrose. Prima di Catania era al Genoa, aveva il sentore che qualcosa non andasse bene, a livello di conti?
Sì, me lo aspettavo, e infatti quando arrivai due anni fa in rossoblu il progetto con il presidente era quello di rivedere completamente i costi, e molto al ribasso. Era un piano pluriennale: riduzione dei tesserati e abbattimento delle spese, cioè quello che è stato fatto. La situazione del Genoa è migliorata, ma non è ancora ottimale. Il problema è che l’azienda calcio ormai non vive più solo di valori tecnici, ma anche economici: un direttore sportivo deve essere in grado di sapersi ben districare tra entrambi, perché la carta bianca non ce l’hai più, e rischi poi di mandare in fallimento la tua società, come sta purtroppo accadendo in altre realtà. La strategia di tesserare moltissimi giocatori, per sperare di fare qualche plusvalenza, non sta più dando i suoi frutti.

Tornando al Toro: da ex difensore, come giudica la chiamata in Nazionale di Moretti?
Come il giusto premio alla carriera: negli ultimi due anni, poi, ha fatto delle cose davvero ottime. Non so se andrà agli Eruopei, quello dovrà decidere Conte. Anche in questo caso, la sua chiamata mi ha sorpreso: 10 anni fa entrare in Nazionale era più difficile, ora ci sono maggiori possibilità. Moretti se l’è meritato, e sta facendo innamorare i tifosi del Toro, proprio come Glik. Proprio come tutta questa bellissima squadra.


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