Avere una precisa identità tattica non vuol dire fossilizzarsi. E questo Torino, che da tre anni propone – non certo senza profitto – il prudente 5-3-2, ha quest’anno scoperto una nuova possibilità: il tridente. Possibilità invero concretizzatasi raramente: contro il Milan, ad esempio, e fu una mossa vincente, giacché permise ai granata di recuperare l’iniziale svantaggio. Contro la Sampdoria, ieri, e con i medesimi risultati. Una mossa della disperazione, da parte di Ventura, che dopo l’1-0 blucerchiato sapeva di non avere alternative: perdere contro quella (poca) Sampdoria avrebbe davvero rischiato di segnare pesantamente il prosieguo del percorso dell’allenatore sulla panchina granata, e ipotizzare un Toro più offensivo a mettere in difficoltà una deludente retroguardia guidata da un ancor più deludende Ranocchia, è sembrata da subito la decisione più naturale da prendere.

 

Pronti, via: con l’ingresso di Maxi Lopez (che si aggiungeva a Immobile e Belotti già presenti), in meno di un minuto il “Gallo” riusciva a realizzare la rete del momentaneo 1-1. Poi, dopo il patatrac che ha consentito a Soriano di mettere a segno lo splendido 2-1, proprio il tridente ha permesso alla squadra di restare sempre nei pressi dell’area di Viviano. Non solo un’offensiva d’orgoglio, a testa bassa. No, un modo di attaccare dettato dal fatto che spesso e volentieri, con la difesa a tre sampdoriana, il tridente permetteva di avere più soluzioni offensive. E il fatto che il gol del definitivo 2-2 sia arrivato allo scadere non deve trarre in inganno: non è solo figlio di una caparbietà granata, di un moto d’orgoglio che di recente era mancato. Ma è frutto di un’impostazione tattica che, per una volta, ha proposto una novità in grado di dare una svolta.

 

Una novità alla quale il Toro era pronto da diverso tempo. “Ci lavoriamo in settimana” ha ammesso infatti Belotti, l’autore della doppietta, nel postpartita. E non è un dettaglio di poco conto. Anzi, sarebbe bello provare a pensare a un Toro già più offensivo sin dalle prime battute di una gara; non in tutte le partite, certo, ma in quelle nelle quali l’appuntamento con la vittoria (come contro il Verona, qualche giorno fa) sarebbe proprio da non mancare. Mantenere un saldo principio tattico, quindi, ma sapendo essere camaleontico. Potrebbe essere questa la nuova semina del Toro, in grado di dare già nel breve termine dei frutti tutt’altro che acerbi, o amari. Ma dolci, come dolce è un gol realizzato allo scadere. Soprattutto quando la casualità è ridotta ai minimi termini.

 

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Toro, timidi segnali di ripresa: basterà per svoltare davvero?

La rassegna stampa del 4 febbraio 2016