Alle 11,45 di martedì 8 novembre, il Capitano di tante battaglie si arrende e raggiunge in un istante Meroni, capitan Valentino e gli Invincibili, lassù
Sono trascorsi trentanove anni, 13.879 giorni da quel maledetto 8 novembre 1976, da quando cioè il cuore granata di Giorgio Ferrini, il capitano per antonomasia, smise di battere per sempre. Aveva solo 37 anni. Inizia a calcare i terreni di gioco nella Ponziana, piccola squadra nel cuore della sua Trieste; e poi via, verso Torino. Eccezion fatta per una stagione in prestito a Varese (per “farsi le ossa”, come si diceva un tempo), Giorgio sposerà a pieno la causa granata, giocando per diciassette stagioni con la casacca del Toro, e la maggior parte delle volte con la fascia al braccio.
566 presenze totali tra campionato e coppe, che gli valgono ancora oggi il titolo di granata più gettonato nella storia, davanti ad un altro mito come Paolino Pulici, staccato però di ben 129 presenze (437 quelle totali di Pupi).
Lasciato il rettangolo verde, pur con il rammarico di non aver conquistato quello scudetto tante volte accarezzato nei suoi sogni, Ferrini inizia una nuova vita calcistica: al termine della stagione 74/75 infatti appende gli scarpini al chiodo ed indossa la tuta, diventando il secondo di Gigi Radice sulla panchina granata.
Dimostra subito di saperci fare, il nuovo ruolo gli sembra cucito addosso; ma il 27 agosto del 1976, mentre si trova a casa di Radix per preparare l’ultima sfida precampionato contro la nazionale Olimpica romena che si disputerà poche ore dopo al Comunale, Giorgio viene colpito da emorragia cerebrale. Immediatamente trasportato alle Molinette, la situazione appare subito grave ma il Capitano è un leone e lotta, combatte contro la malattia, proprio come faceva in campo. Poche settimane di convalescenza e Ferrini torna al proprio ruolo, più forte di prima. Ma la sorte è dietro l’angolo, e scrive la sua ultima pagina domenica 17 ottobre 1976; il campionato è fermo per gli impegni della Nazionale e Ferrini viene colpito da una nuova emorragia, questa volta più grave della prima anche perchè recidiva. Il capitano chiude gli occhi, entra in coma, non si sveglierà più.
La notte del 22 ottobre l’èquipe del professor Fasano tenta un delicatissimo intervento chirurgico, riuscito, ma la situazione resta comunque disperata. Un paio di settimane a sperare, il capitano alterna fasi in cui paiono esserci leggerissimi miglioramenti, fino a domenica 7 novembre; mentre Pulici dal dischetto stende l’Inter, i medici gettano la spugna. La vita di Giorgio è appesa ad un filo, si parla di ore, non si sa se supererà la notte. Sono le 11,45 di martedì 8 novembre, il Capitano di tante battaglie si arrende e raggiunge in un istante Meroni, capitan Valentino e gli Invincibili, lassù.
Al funerale, officiato dal cappellano granata Don Francesco Ferraudo, l’antistadio del Fila trabocca di emozione; amici e conoscenti, semplici tifosi e calciatori che in disparte, vogliono salutare per l’ultima volta il loro Campione, prima dell’ultimo viaggio, verso il piccolo cimitero di Pino Torinese, dove da quel giorno Giorgio riposa. Ma Giorgio vive ogni giorno nel cuore, nei ricordi di chi lo ha conosciuto e visto giocare, tramandando così alle nuove generazioni quello spirito granata che Giorgio ha incarnato come nessuno, prima e dopo di lui.