Sono trascorsi 10 anni dal fallimento del Torino Calcio e dalla nascita del Torino FC: dieci stagioni che andremo a ripercorrere attraverso le voci dei protagonisti. Dall’annata 2005-2006, quella dell’immediata promozione, passando per gli anni della Serie B fino ad arrivare alle più recenti, con il ritorno in Europa dopo oltre vent’anni. 

 

Una stagione particolare, cominciata bene, proseguita male e conclusasi in maniera incredibile, con una bruciante sconfitta in finale playoff. La serie B 2009/2010 è quella di Colantuono-Beretta-Colantuono, della rivoluzione di gennaio con l’arrivo dei peones e della rincorsa alla qualificazione ai playoff. In rosa c’era anche Andrea Gasbarroni, uno dei pochi giocatori a non essere vittima dell’epurazione di Petrachi.

 

Andrea Gasbarroni, come giudica la sua esperienza al Toro?

Sono stati anni in cui ho fatto esperienza, che mi hanno aiutato nel proseguimento della mia carriera. Quando sono arrivato in granata non ero più giovanissimo e sono state stagioni negative. Ricordo quegli anni con affetto, anche se i risultati non sono arrivati.

 

Il suo passato nel settore giovanile della Juventus ha in qualche modo “influenzato” il suo rapporto con la tifoseria granata?

Io ho passato dieci anni in bianconero, direi una bella fetta di carriera, però prima di approdare al Toro ne avevo già cambiate tante di altre squadre. Il mio passaggio, quindi, non è stato immediato, anche se molti tifosi granata si ricordavano del mio passato e ogni tanto, per così dire, me lo rimproveravano.

 

Com’è nato il suo passaggio al Toro e quanto ha influito Cairo nella trattativa?

Il presidente non l’avevo praticamente sentito, l’ho conosciuto direttamente al momento della firma sul contratto. Alla fine del mercato invernale, all’ultimo giorno utile per le trattative, mi chiamarono Foschi e Novellino, che avevo già conosciuto, e mi dissero della possibilità di approdare in granata. E io accettai subito.

 

Che rapporto ha avuto e, magari, ha ancora con il presidente?

Con Cairo abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto di stima reciproca, non ho mai avuto grossi problemi con lui. Oggi, però,  ci siamo un po’ persi di vista e non ci sentiamo più costantemente.

 

Ha lasciato il Toro nel punto più basso del decennale di Cairo, mentre ora la squadra vive quello più alto. Si sarebbe aspettato una crescita così esponenziale e così rapida della società e della squadra?

Il presidente è stato bravo a dare continuità e a lavorare duramente per riportare in alto il club. In più è in grande sintonia con Petrachi, ma il vero segreto del presidente è Ventura: pochi allenatori sono bravi come lui, in tutte le situazioni, in campo e fuori. Cairo ha saputo circondarsi di persone in gamba e i risultati stanno arrivando. Finalmente il Toro è tornato a stare dove la storia lo impone, tra i primi club di serie A.

 

Nel 2009/2010 lei fu uno dei protagonisti della cavalcata fino alla sfortunata finale persa con il Brescia. Quanto fu “pesante” quella sconfitta?

Quell’anno partimmo male, poi da gennaio in avanti riuscimmo a mettere a segno una serie di risultati tale da farci arrivare fino ai play-off. Poi perdemmo, ma a testa altissima, e chissà come sarebbe andata a finire se non ci avessero annullato inspiegabilmente il gol di Arma…Quella che aveva in mano Colantuono era sicuramente una buona squadra, ma per come avevamo cominciato fu un miracolo arrivare fino in finale.

 

L’anno dopo, invece, fu un disastro.

Già, la stagione con Lerda fu veramente disastrosa. Però vorrei dire questo: quella squadra non era costruita per venire in serie A, quella squadra era obiettivamente mediocre. Poi certamente il Toro in B deve in tutti i casi essere protagonista, ma con il nome non vinci. E anche giocare in mezzo alla contestazione non è stato sicuramente facile.

 

Ha qualche rammarico per com’è finita la sua esperienza in granata?

Il primo fu tutto sommato positivo, il secondo un disastro, il terzo per scelte societarie finii fuori rosa. Avrei sicuramente potuto dare qualcosa in più a questo club, anche se il mio desiderio sarebbe quello di potermi misurare adesso che le cose vanno bene, e non solo quando eravamo in periodo di piena contestazione. So che non si può tornare indietro, ma credo che sarebbe tutta un’altra storia.